Missioni Consolata - Ottobre 2017

La prima chiamata l’ha ricevuta nell’estate 2013: un uomo urlava in arabo che si trovava con altre centinaia di persone in mezzo al mare su una barca che affondava. La giovane - racconta Biella nel suo libro -, presa alla sprovvista, ha chiamato la Guardia costiera. Quando dalla sede centrale di Roma le hanno chiesto le coordi- nate del punto in cui si trovava l’imbarcazione, lei si è fatta spie- gare come trovarle: il telefono sa- tellitare da cui l’uomo l’aveva chiamata era in grado di fornire le coordinate esatte. Una volta co- municate alla Guardia costiera, questa ha salvato i migranti. Da allora, Nawal ha ricevuto cen- tinaia di chiamate. «La cosa conti- nua tutti i giorni - ci dice Biella -, giorno e notte. Negli anni sono cambiati i luoghi da cui le persone la chiamano: all’inizio dalla Libia, poi dalla Turchia-Grecia. E oggi, quando non sono sos dal mare, sono richieste di aiuto di altra na- tura, legate alla violazione dei di- ritti umani nei paesi di partenza, o in Europa, negli hotspot ». Mentre scriviamo, Nawal è a Le- sbo e non riusciamo a contattarla direttamente, ma Daniele Biella ne ha notizie quasi quotidiana- mente: «Nawal va avanti, met- tendo in difficoltà prima di tutto la sua persona, perché lo fa come volontaria, ma a volte, a livello fi- sico e mentale, è sfiancata». Il periodo in cui Nawal ha rice- vuto più chiamate è stato l’estate del 2014: almeno una al giorno. «Un po’ per volta le cose sono cambiate. Ora non ci sono più così tanti siriani che scappano. Chi doveva partire è già partito». Siriani in fuga La gran parte delle chiamate che riceve sul suo cellulare sono di si- riani in fuga dalla guerra. Il le- game di Nawal con la Siria risale al 2011: «Lei da tempo era un’at- tivista per i diritti umani - ci spiega Biella -. Quando è scop- piata la guerra in Siria le ha fatto molta impressione perché, come dice lei, era a due ore di aereo dalla Sicilia. Ha iniziato a contat- tare, tramite i social media, attivi- sti siriani che le mandavano video e informazioni dalle manifesta- zioni che in principio erano pacifi- che. E lei ha preso a fare da cassa di risonanza, sia per i media che per la gente di Catania. Di sera andava con un proiettore in piazza Bellini per dire ai passanti: “Guardate che succede”». Da quell’esperienza è nata l’idea di una carovana di medicinali per la popolazione civile in Siria. Nel marzo del 2013 Nawal stessa ha attraversato il confine turco-si- riano con i medicinali e ha vissuto per 17 giorni ad Aleppo, dove ha incontrato gli attivisti con cui era in contatto da tempo. Sul suo ca- nale di Youtube «Nawal Sy- riahorra» si possono vedere al- cuni video girati durante quei giorni. Prima di venire via dalla Si- ria ha lasciato agli amici il suo nu- mero di telefono. «Proprio in quel periodo le bar- che cominciavano a partire. Nawal non immaginava che il suo numero di cellulare sarebbe finito in mano a migliaia di persone tra- mite il passa parola», un passa parola che si è moltiplicato attra- verso Facebook, tramite i profili di siriani che man mano venivano salvati dal mare grazie all’inter- vento di Nawal e che poi la cono- scevano di persona a Catania: «Quando i Siriani sbarcavano - so- prattutto in quegli anni 2013- 2015, in cui non c’erano gli hot- spot e le persone venivano la- sciate libere dopo la prima notte in accoglienza di andare verso il Nord Europa -, passavano da Ca- tania e lì conoscevano Nawal». È in quelle circostanze che nasce il soprannome «angelo dei profu- ghi»: la persona che prima salva i migranti dalla morte in mare, poi li accoglie e aiuta nel loro viaggio sulla terra ferma. Li aiuta, ad esempio, a non finire nelle mani di quelli che approfittano del loro spaesamento e gonfiano i prezzi dei biglietti del treno, o delle MC A • Migrazioni | Rifugiati | Diritti Umani | Volontariato • In queste pagine : ottobre 2015, isole di Kos e Chios, Grecia. Evelina Manola, ope- ratrice sociale legata a Caritas Grecia, che supporta i rifugiati vulnerabili sulle isole di Kos e Chios, sostiene che nell’autunno del 2015 circa otto su dieci dei rifugiati che arrivano erano siriani: «Pagano 1.200 dollari ai trafficanti e arrivano su imbarca- zioni di plastica dalla Turchia. C’è una grande necessità, le persone vivono in condizioni disumane, dormono fuori senza acqua pulita e cibo adeguato». # Ben White/CAFOD Photo Library/flickr com Ben White/CAFOD Photo Library/flickr com

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