Missioni Consolata - Giugno 2017
evitasse il disastro totale della nazione tedesca, ma il 5 aprile 1943 fui arrestato dalla Gestapo. Iniziava così il mio calvario in varie prigioni del Reich. Incarcerato, trovasti ugualmente il modo di scrivere lettere e appunti che, dopo la guerra, sarebbero stati pubblicati in un libro dal titolo «Resistenza e resa», un raro esempio di coe- rente adesione ai principi di libertà, patria, de- mocrazia, pace, dialogo, ascolto dell’altro… Nelle pagine scritte in prigione, tracciai alcune linee guida del mio pensiero teologico, cercando di illu- strare la necessità di approfondire il mistero di Dio e il mistero dell’uomo, sforzandomi di mostrare come una vita con Dio e per Dio, con gli uomini e per gli uomini, sia il più alto valore della fede cri- stiana. Scritti rivelatori di una vicenda umana e cri- stiana esemplare… Io credevo fermamente nei valori della comunità, come necessaria risposta religiosa all’esistenza, come luogo del rispetto reciproco, e in quelli dell’in- teriorità che nessuna tirannia - men che meno quella nazista - può violare. E tutto ciò lo gridai con forza al mondo intero. In tutti questi avvenimenti, oltre all’appoggio della tua famiglia, ne avevi un altro che ti stava particolarmente a cuore… Quattro mesi prima del mio arresto, nel gennaio 1943, mi fidanzai con Maria von Wedemeyer, una giovane diciottenne tedesca che amai teneramente, ma che non potei sposare. Dopo un breve passaggio nel campo di concentra- mento di Buchenwald, Dietrich Bonhoeffer fu tra- sferito nel lager di Flossenbürg presso Monaco. Là, dopo un processo farsa, fu condannato a morte e impiccato il 9 aprile 1945, a 39 anni, insieme al- l’ammiraglio Canaris, per espresso ordine di Hitler. Nei mesi che precedettero il crollo finale del nazi- smo, e che seguirono il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944, anche altri suoi familiari furono uc- cisi, quali dissidenti del regime: suo fratello Klaus Bonhoeffer, i mariti delle due sorelle Christine e Ursula, Hans von Dohnanyi e Rudiger Schleicher, con loro Ernst von Harnack, parente e frequenta- tore del circolo musicale in cui il gruppo clandesti- namente si riuniva. Dal 1998, la sua statua è collo- cata in una nicchia della facciata dell’abbazia di Westminster, in Inghilterra: tiene in mano una Bib- bia, ed è in compagnia, fra gli altri, di Martin Luther King, del vescovo Oscar Romero, di san Massimiliano Kolbe, in un ecumenismo del marti- rio, più eloquente di qualsiasi solenne dichiara- zione. Don Mario Bandera Immagino che il regime nazista non restò a guardare ciò che facevi… I miei interventi pubblici furono lentamente ma ine- sorabilmente ostracizzati, in particolare quando, par- tecipando a una trasmissione radiofonica, accusai pubblicamente Hitler di essere «un seduttore». Im- mediatamente fu interrotto il programma e chiusa l’emittente radiofonica. L’interferenza del regime nella mia vita, col tempo, diventò sempre più capil- lare e invasiva, finché nel 1936 mi venne proibito di insegnare e, in seguito, di predicare e di scrivere. Non ti restava molto spazio per svolgere le tue attività… Alla fine del ’33 mi trasferii a Londra per fare il pa- store e per svegliare le coscienze nei confronti del rischio che correva l’Europa di fronte al nazismo. Nel ’35 tornai in patria, ma le mie amicizie con gli ebrei e il mio impegno nelle file dell’opposizione erano noti a tutti. Fu quello il periodo in cui inizia- rono i vari provvedimenti contro di me. Nell’estate del 1939 riparai negli Stati Uniti, ma vi restai solo poche settimane prima di tornare nuova- mente in Germania. L’amore per il mio popolo e la mia coscienza mi impedivano di stare a guardare mentre il mio paese precipitava nell’orrore e nella guerra ormai imminente. Tornasti nonostante i pericoli che sapevi di cor- rere. Puoi dirci che successe al tuo rientro? Una volta rientrato in Germania, mi unii al gruppo di resistenza sorto attorno all’ammiraglio Wilhelm Canaris, impegnato a cercare una via d’uscita che 4 chiacchiere con... MC R
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