Missioni Consolata - Giugno 2017
miniere e dell’esportazione del le- gno. Nella quasi totale assenza dello stato, la foresta diviene piazza aperta per quanti hanno un po’ di forza fisica o economica per sfruttarla». La vecchia storia del Congo su- permercato a cielo aperto alla mercé di chiunque abbia abba- stanza armi o soldi. In un rapporto del 2015 dal si- gnificativo titolo Exploiter (dans) le désordre , la Caritas e la Commissione giustizia e pace della diocesi di Wamba spie- gano la situazione della R iserva Forestale degli okapi (Rfo), a una manciata di chilometri da Bayenga. Secondo il rapporto, nel parco ci sarebbero una set- tantina di cantieri artigianali - uno di questi sarebbe in grado di produrre oro per 300 mila dollari settimanali - dove lavo- rano decine di migliaia di mina- tori informali. Sempre secondo il documento, a questi cantieri si aggiungono poi quelli semi industriali e industriali nei din- torni della Rfo: a competere per la corsa all’oro ci sono pro- prio tutti, dai minatori artigia- nali alle grandi compagnie mi- nerarie come la Kilo Goldmi- nes , passando per le Fardc (l’e- sercito congolese) e le milizie ri- belli. «Esattamente. Fra la Rfo e la fore- sta intorno a Bayenga non c’è pra- ticamente soluzione di continuità e i Pigmei Bambuti da sempre hanno cacciato in quest’area. Non l’okapi, però, visto che si concen- trano su prede più piccole. Ep- pure, ora è proibito a tutti l’ac- cesso alla riserva, i cui limiti sono stati fissati senza interpellare né i Pigmei né i Bantu. L’ente respon- sabile della vigilanza al parco dice che l’interdizione riguarda qualche specie soltanto, ma visto che non ha mezzi e personale sufficienti per fare i controlli, il risultato è il divieto assoluto di caccia e, addi- rittura, di passaggio nella riserva. Questa interdizione è rafforzata dalle attività dei ribelli e dei cac- ciatori di frodo, che invece nella Rfo ci sono e non gradiscono la presenza di possibili testimoni delle loro attività. Sì, come vedi c’è molto di più in ballo che non la convivenza fra due gruppi umani che faticano ad accettare l’uno lo stile di vita dell’altro». Quello che racconti ricorda molto le difficoltà che i nostri missionari hanno affrontato e affrontano in Amazzonia. «Ci sono molte somiglianze, sì, ma anche molte differenze. Qui non c’è mai stata una demarcazione delle terre indigene né un ricono- scimento giuridico dei diritti dei Pigmei. Quello che noi cerchiamo di fare è accompagnare tanto i Bambuti quanto i Bantu in un cammino di reciproca conoscenza e comprensione che, se da un lato probabilmente dovrà passare per un adattamento dei Pigmei al contesto circostante, cerca però anche di evitare l’omologazione e valorizzare e difendere le caratte- ristiche dei Bambuti e della fore- sta che esso abita. Foresta che, vale la pena di ricordarlo, è un pa- trimonio per tutto il pianeta». Chiara Giovetti MC R
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