Missioni Consolata - Giugno 2017

60 MC GIUGNO2017 minare le voci contrarie, inclusi gli studi ambientali scientifici esi- stenti, pur di non mettere a ri- schio lucrosi progetti 3 . Sfruttare il più possibile Gli stati himalayani, soprattutto Himachal Pradesh, Uttarakhand, Sikkim e Arunachal, sono deter- minati a sfruttare tutto il poten- ziale individuato. Risulta infatti esponenziale l’aumento di richie- ste di sfruttamento della risorsa idrica, sia da parte di imprese pubbliche (che ricevono fondi dalle grandi banche internazio- nali), che di imprese private grosse e piccole. Per la geomorfologia delle strette valli himalayane, sono pochi i progetti che prevedono grandi la- ghi artificiali. Tuttavia, i cosiddetti progetti Run-of-River , cioè im- pianti a pompaggio o ad accumu- lazione, comportano lo scavo di numerose gallerie per le deriva- zioni d’acqua. Per scavarle, si ri- corre, soprattutto nelle ore not- turne, alla dinamite, e si sono re- gistrati smottamenti sismici, in- numerevoli crepe nelle case, pro- sciugamento di fonti d’acqua e importanti perdite nell’agricolura (soprattutto alberi da frutta) do- vute alle polveri che si accumu- lano sulla terra e sulle foglie. I nuovi progetti spesso non hanno un solido studio di fattibilità alle spalle. Secondo una fonte gover- nativa, mentre una volta in Hima- chal Pradesh l’individuazione di un sito per un progetto idroelet- trico prevedeva una visita in loco per considerare diverse variabili, ora si avvale della tecnologia re- mote sensing , attraverso satelliti e applicazioni cartografiche, per individuare i salti d’acqua. Molto spesso poi i permessi vengono concessi senza una visita sul luogo, che può essere ad esempio una vallata lontana e dalle strade non facilmente percorribili. Il caso delle inondazioni dell’Uttarakhand Per la fatalità della storia, nello stesso anno in cui la Banca Mon- diale annunciava il suo ritorno nel grande giro d’affari delle dighe, una pesante pioggia di più giorni cadde sulla regione occidentale dell’Himalaya. Nello stato dell’Ut- tarakhand causò violente inonda- zioni e smottamenti del terreno. Fu il disastro «ambientale» più grave nel paese dopo lo tsunami del 2004. Era giugno, piena sta- gione turistica per i numerosi siti di pellegrinaggio hindu presenti nella zona. Ci volle molto tempo al governo per fare una stima delle vittime, che si aggira poco sotto le 6.000 e di cui si sono tro- vati pochissimi corpi. Gli esperti climatologi ammisero che l’entità delle piogge era fuori dalla media stagionale, ma affer- marono che il colpevole non si poteva cercare nel meteo. «Avete sentito alcuni arrivare a dire che è stato un omicidio. Ma io lo chiamo ecocidio», affermò Devin- der Sharma del Forum for Biote- INDIA Oxfam nternational/Flickr.com In queste pagine, dall’alto a sinistra : giugno 2013, inondazioni a Uttarkashi, India. Circa 400 villaggi tra le regioni di Uttarkashi, Ru- draprayag, Chamoli e Tehri sono stati colpiti da inondazioni. La stima governativa delle vittime è di poco meno di 6.000 persone. | La diga di Tehri, nello stato di Uttaranchal (Nord dell’India), si trova nel punto di con- fluenza dei fiumi Bhilangna e Bhagirathi (che più a valle confluisce nel Gange). Finita nel 2006, è una delle più alte del mondo con i suoi 260 metri. Ha sommerso l’antica città di Theri, i cui abitanti, circa 24mila, sono stati trasferiti nella New Theri. L’Ejatlas calcola che in tutto sono stati sfollati 125 villaggi, interessando un totale di circa 100mila persone. | Uno dei volti più noti tra i molti degli oppositori dello sviluppo inso- stenibile nell’India di oggi: Medha Patkar (Cfr. MC luglio 2015, p. 59), tra le altre cose, leader del movimento contro la diga Sardar Sarovar sul fiume Narmada. | La diga KarchhamWangtoo. | Lo screenshot della mappa proposta dalla scheda dell’Ejatlas ri- guardante la diga KarchhamWangtoo. #

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