Missioni Consolata - Giugno 2017

In nome della sostenibilità Il Rapporto Morse era stato il ri- sultato di una lunga lotta da parte di movimenti sociali, in primis il Narmada Bachao Andolan (Movi- mento per la Salvezza della Nar- mada), e aveva portato la Banca Mondiale a ritirarsi dagli investi- menti sulle grandi dighe. Ora però il colosso finanziario fa finta di aver dimenticato e torna sui suoi passi. Nel 2013 ha rilan- ciato il water grab delle grandi di- ghe durante il «Fragility Forum» tenutosi a Washington, dichia- rando che «l’idroelettrico a grande scala rappresenta una so- luzione [al cambio climatico e alla povertà] per l’Africa, l’Asia Meri- dionale e il Sudest Asiatico». Nelle parole di Rachel Kyte, la vi- cepresidente della Banca per lo sviluppo sostenibile e influente voce dell’istituzione, «la scelta degli anni ’90 fu un errore» 2 . I paesi «fragili» da soccorrere, in cui consolidare le economie ga- rantendo generose infrastrutture, questa volta in nome della soste- nibilità, sono tanti. Fra questi l’In- dia, che gode di fondi diretti della Banca Mondiale e della sua branca asiatica, la Banca Asiatica per lo Sviluppo (Adb). Il governo indiano appoggia pie- namente il piano e non vede di buon occhio obiezioni in merito. Per lo studioso indiano Rama- chanda Guha, la lobby pro-idroe- lettrico ha avuto successo nell’eli- GIUGNO2017 MC 59 Il ritorno di Banca Mondiale Le priorità della finanza interna- zionale sembrano cambiate, dun- que, dagli anni ’90, quando la Banca Mondiale aveva dimo- strato interesse per le istanze dei diritti ambientali. Nel 1991, in- fatti, era stata la stessa Banca Mondiale a commissionare una valutazione sulla diga Sardar Sa- rovar sul fiume Narmada, ascol- tando le proteste locali e la soli- darietà internazionale. L’ex membro del congresso Usa e alto funzionario dell’Onu, Bradford Morse, insieme all’avvo- cato canadese per i diritti umani Thomas Berger, viaggiarono nell’area per valutare l’impatto della diga sugli abitanti locali. Il rapporto scritto dai due, noto come Morse Report , pubblicato nel 1992 1 , rivolse pesanti critiche alla diga, promossa nel nome dello sviluppo e della riduzione della povertà. Puntò il dito sui maltrattamenti delle comunità in- digene e sul fatto che i benefici economici attesi erano stati solo momentanei e non avevano favo- rito le comunità locali, mentre gli impatti ambientali e la frammen- tazione sociale cadevano sulle spalle dei soggetti più vulnerabili. Anche gli aiuti stanziati per «com- pensare» le famiglie danneggiate dalla diga erano risultati essere solo palliativi e avevano creato di- pendenza economica tra coloro che prima potevano contare sulla propria terra e beni comuni ge- stiti dalla collettività. MC A In queste pagine : paesaggi himalayani. In basso a sinistra : fiume nei pressi della città di Dhaluwala, nello stato Uttarakhand, In- dia. Qui a sinistra : una donna al lavoro sul- l’impervio dorso dei monti himalayani. Qui sotto : Nepal, un mustang, cavallo sel- vatico, beve. L’acqua himalayana è un ele- mento essenziale anche per la vita degli animali che abitano le montagne. # • Dighe | Water grabbing | Energia | Diritti umani • Nitesh Raj Shah/FAO/Flickr.com Tilak Neupane/FAO/Flickr com

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=