Missioni Consolata - Giugno 2017

SIRIA 56 MC GIUGNO2017 D IETRO LA GUERRA Chi arma diavoli e terroristi Come in tutte le guerre anche in quella siriana c’è chi fa enormi affari con le armi. Ma va detto sottovoce. «N on vedo Assad come il diavolo - ha detto MONS . J OSEPH T OBJI , arcivescovo catto- lico maronita di Aleppo in un’audizione alla Commissione esteri del Senato (4 ottobre 2016) -. In Siria prima stavamo bene, era un mosaico vivi- bile, con un Islammoderato e aperto. Adesso vi- viamo in compagnia della morte. […] Qualcuno ci accusa di essere venduti al governo, ma perché mi devono imporre l’idea che Assad sia il diavolo? I ri- belli sono seguiti convintamente da pochissime per- sone. I terroristi hanno buoni rapporti con i turchi. Ho visto terroristi dell’Isis parlare amichevolmente con militari turchi. In più ci sono gli stranieri waha- biti sauditi che strumentalizzano l’Islam per scate- nare la guerra». Dopo gli eventi di aprile, la sporchissima guerra si- riana è tornata ancora una volta in prima pagina. Peccato che poche volte si ricordi che questa è una guerra alimentata dal gigantesco e profittevole mer- cato delle armi sul quale tutte le potenze mondiali sono attori protagonisti nelle vesti di produttori e venditori. Stando ai dati dell’istituto Sipri ( Stockholm Interna- tional Peace Research Institute ) 1 , gli Stati Uniti conti- nuano a guidare - con ampio margine - la classifica mondiale dei paesi esportatori di sistemi d’arma. S TATI U NITI , R USSIA , C INA , F RANCIA E G ERMANIA rappresentano il 74 per cento del volume delle esportazioni. Tra i maggiori compratori va segna- lato il quarto posto dell’ A RABIA S AUDITA (con il 10% del Pil speso in armi nel 2016), attore occulto nella guerra in Siria e palese in quella (peraltro da tutti ignorata) in Yemen. I n tempi di fortissima competizione internazio- nale, crisi economica e occupazionale e ora an- che di dilagante terrorismo è chiaro (ma non giustificato) che la produzione e la vendita di armi non vengano messe in discussione, pur se etica- mente immorali. Quello che è insopportabile è l’ipo- crisia e la retorica messe in campo dalle elite politi- che e da molti media. Tra i produttori ed esportatori di armi c’è anche l’ I TALIA , ben piazzata. Stando ai dati di Sipri, l’ita- liana Finmeccanica-Leonardo (il cui azionista prin- cipale è lo stato) è il nono produttore mondiale. A li- vello di paese, l’Italia è l’ottavo maggiore esporta- tore. Il problema sta proprio in questo: che una buona parte delle armi vengono vendute a paesi in guerra, palese o a bassa intensità che sia. Gli stessi paesi che poi producono milioni di profughi che andranno a spingere sulle frontiere europee e occidentali in generale. In un mercato così florido e poco trasparente per i gruppi terroristici è quasi uno scherzo procurarsi armi 2 . Soltanto un esempio per intenderci. Nel sito archeologico di Palmira, i miliziani islamici del Daesh hanno seminato migliaia di mine antiuomo (di cui un tempo anche l’Italia era grande e rispet- tata produttrice). La giustificazione più immediata per il businness delle armi non è cambiata nel tempo perché regge sempre: «Se non le vendiamo noi, le venderà qual- cun altro». Giusto, no? PaoloMoiola ( 1 ) Ultimi dati resi pubblici il 24 aprile 2017. Il sito dell’isti- tuto svedese: www.sipri.org. ( 2 ) Si vedano le ricerche di «Conflict Armament Research», associazione finanziata dall’Unione europea. © Paolo Moiola

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