Missioni Consolata - Giugno 2017

al potere, Mubarak aveva bisogno del sostegno anche delle frange islamiche più estremiste. «Il presidente - osserva Girgis - lasciava quindi che i copti subissero le angherie e le discriminazioni più palesi. Sono stati anni molto duri». La speranza di un cambiamento è arrivata nel 2011 con la caduta del regime. Musulmani e cri- stiani sono scesi in piazza insieme per invocare la caduta del raiss. «La parte migliore del mondo musulmano e di quello cristiano - ricorda Awad - lottava per un cambiamento reale della società egiziana. Volevano un paese in cui le componenti religiose convivessero senza dissidi, insieme come cittadini di un unico paese, l’Egitto. Ma è arrivata subito la doccia fredda». La strage nel quartiere Maspero, in cui nel 2011 la polizia ha represso con la violenza una manifestazione di cristiani (fa- cendo 26 vittime tra i copti), e il governo della Fratellanza musulmana, guidato dal presidente Mohammed Morsi, hanno subito rimesso in un angolo la comunità cristiana. «Il progetto di ri- forma costituzionale promosso dalla Fratellanza musulmana - spiega Youssef, ingegnere egiziano di fede cristiana - era inaccettabile per la nostra comunità. Se fosse stato approvato ci avrebbe ri- portato indietro di secoli. I cristiani sarebbero di- ventati cittadini di serie B. Ma, va sottolineato, discriminava anche i laici e i musulmani che non si riconoscevano nella visione totalizzante dell’Is- lam della Fratellanza musulmana. È per questo motivo che la maggioranza degli egiziani è scesa in strada e ha iniziato a contestare Morsi, obbli- gandolo alle dimissioni». Il fondamentalismo islamico e al-Sisi Non è un caso che, quando Abdel Fattah al-Sisi è arrivato al potere nel 2013, è comparso in televi- sione con al fianco sia Tawadros II, papa dei copti, sia Ahmad Muhammad Ahmad al Tayyib, imam della moschea-università di al-Azhar (massima autorità dell’Islam sunnita). In al-Sisi, militare e musulmano devoto, i copti hanno subito visto un politico in grado di proteggere la comunità cri- stiana. «Al Sisi - osserva Girgis - ha certamente cambiato in meglio la situazione dei cristiani. Ha varato leggi, decreti e regolamenti per favorire la costruzione di chiese, luoghi di incontro, ecc. Ma, intendiamoci, la libertà religiosa non si impone per decreto. Costruire una chiesa è ancora oggi difficile, professarsi copto anche. Questo perché la società egiziana è fortemente permeata da una vi- sione fondamentalista dell’islam. Tutto ciò che non è musulmano è considerato contro Dio». Non è un caso che, solo nel primo anno di governo di al-Sisi, 85 chiese siano state attaccate, bruciate o demolite. L’11 dicembre 2016 un attentato alla cattedrale del Cairo ha fatto 25 morti. Il 9 aprile scorso due attentati, il primo davanti chiesa di Mar Girgis a Tanta e il secondo davanti alla chiesa di San Marco ad Alessandria, hanno provocato 45 D 48 MC GIUGNO2017 D La diaspora copta L a crisi economica persistente (che si è accen- tuata notevolmente dopo le Primavere arabe) e le discriminazioni subite in patria hanno portato molti copti a emigrare. La maggior parte si è trasferita in Nord America o in Australia. Molti, però, sono arrivati in Europa. In Italia, sono circa 45mila: 25mila nella diocesi di Milano e 15mila in quella di Roma. «Questo dato - osserva Girgis - si riferisce alle persone che frequentano la comunità religiosa. Credo quindi che sia sottostimato, pro- babilmente sono molti di più». I copti sono molto bene integrati nel tessuto so- ciale italiano. Sono professionisti, dirigenti, impie- gati, artigiani, commercianti. Molti giovani stu- diano nelle nostre università e, una volta laureati, entrano con facilità nel nostro sistema produttivo. «D’altra parte - continua Girgis - nulla impedisce ai copti di integrarsi. Non ci sono ostacoli evidenti alla loro integrazione: né la fede, né la cultura». Dal 2013, in Parlamento siede un deputato di ori- gine egiziana e di fede copta ortodossa. È G IRGIS G IORGIO S ORIAL ( nella foto ), bresciano, apparte- nente al Movimento 5 Stelle. I suoi genitori si sono rifugiati in Italia perché in patria erano stati perse- guitati da musulmani radicali. «Dialogo con i musulmani? - conclude Youssef -. No, in Italia non c’è una relazione istituzionale con i musulmani. Molte famiglie egiziane cristiane e musulmane si frequentano, ma sono relazioni a li- vello personale. Il professor Farouq Wael Eissa dell’Università Cattolica di Milano ha dato vita a un gruppo di lavoro con ragazzi islamici e copti. Organizzano alcune iniziative insieme. È questa la strada giusta. Credo che per favorire l’integra- zione non serva costruire moschee o chiese, ma luoghi di incontro dove sia possibile fare insieme attività culturali o sportive». E.Ca. © Radio 2 / RA

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