Missioni Consolata - Giugno 2017

diventare dirigente di una struttura pubblica). I copti vivono nello strettissimo ghetto che si trova fra il potere militare e la teocrazia underground de- gli integralisti islamici. Fra l’incudine e il martello, impossibilitati ad avere una vita sociale aperta: amori, contenziosi o anche liti condominiali con la restante popolazione di fede islamica, ma solo cor- dialità di facciata, timidi e diffidenti rapporti di la- voro. Un esempio è quello della settantenne di al-Minya che, nel maggio 2016, è stata denudata e portata in processione per le strade del villaggio perché accu- sata di avere una liaison sentimentale con un uomo musulmano sposato. E questo per non parlare degli esiti di vicende amorose analoghe, ma a parti inver- tite. Si tratta di un vissuto che però viene meno nel momento in cui attraversiamo il confine del benes- sere. È molto difficile, infatti, che gli egiziani dei ceti più alti vivano conflitti di questo genere. Un altro caso simbolo è quello di Nag Hammadi, cittadina a 80 km da Luxor. Il primo dell’ultima se- rie di attacchi «natalizi» che si sono verificati in questi ultimi anni ( cronologia a pagina 36, ndr ). È la vigilia di Natale, la notte fra 6 e 7 gennaio 2010, ter- minata la messa i fedeli si scambiano gli auguri in un clima a dir poco infuocato. Pochi giorni prima, il vescovo Kyrillos aveva già allertato le forze dell’or- dine, che gli avevano consigliato di far anticipare la messa di mezzanotte di un’ora. Ma non basta a evi- tare il massacro. Uomini armati attraversano il cor- tile della chiesa in macchina sparando sui fedeli. Muoiono in nove, otto cristiani e un musulmano. Nei giorni successivi viene fuori il movente (per al- tro già ben noto ai locali): una spedizione punitiva nei confronti della comunità per vendicare una ra- gazzina dodicenne vittima di abusi sessuali da parte di un copto. Non è né la prima né l’ultima volta che a pagare le spese degli errori e dei crimini (ma anche dei passi falsi e delle passioni) di un solo uomo, sia tutta la comunità dei fedeli. Il caso di Nag Hammadi è uno dei primissimi ad avere un’ampia copertura mediatica, godendo an- che di una diffusione virale sui social network. Tutto ciò consente agli attivisti di organizzarsi in manifestazioni al Cairo contro l’assordante silenzio delle autorità egiziane. A ben due settimane (oggi impensabile) dall’evento, l’allora presidente Hosni Mubarak si esprimerà condannando per la prima volta il massacro, non senza una cospicua campa- gna di arresti nei confronti degli attivisti. Sospetto, diffidenza, deferenza È per tutti questi meccanismi sociali, che agli occhi dei comuni musulmani - quelli che noi definiremmo «moderati» - la popolazione dei copti è un po’ come se facesse vita a sé, sempre pronta a rimarcare il fatto di essere cristiana. A molti musulmani viene quindi da pensare: «Ma perché non si comportano normalmente? Come mai sono così chiusi?». E da qui a «Nascondono forse qualcosa?», il passo non è breve, di più. L’alone di mistero che circonda i copti non è quindi fonte di ammirazione, curiosità o fa- scino per gli egiziani, ma soltanto di sospetto e dif- fidenza ulteriore. Lo stato, d’altro canto, non è mai stato un amico. E questo concetto è ben chiaro a molti copti, non- ostante le accoglienze messianiche che hanno sem- pre riservato ad ogni visita di Sua maestà al-Sisi. Un occhio psicoanalitico sarebbe in grado di rive- lare come i copti quasi si compiacciano della pro- pria servilità dimostrata nei confronti del potere militare. Se a livello internazionale c’era da dimo- strare che i diritti umani erano rispettati, i militari tiravano in mezzo la pacifica convivenza di cui go- dono i copti all’interno del paese; se serviva ridi- mensionare i copti per calmare i bollenti spiriti de- gli islamisti, venivano ridimensionati; e se serviva mobilitarli in massa per andare a «votare», veni- vano mobilitati tranquillamente. Il tutto con il sod- disfatto consenso dei cristiani d’Egitto, come se D A sinistra : Mohamed Badie, il leader dei «Fratelli musulmani», è in carcere e con- dannato a morte. In alto : il logo di «Wi- layat Sayna», la filiale egiziana dell’Isis, responsabile di molti dei recenti attac- chi terroristici contro i copti. Pagina se- guente : un copto mostra un cartello con la scritta «Pene certe per i carnefici» (il Cairo, agosto 2016). D 44 MC GIUGNO2017 D

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