Missioni Consolata - Giugno 2017

camminerà con lui; Mosè implora di «vedere la Glo- ria- Kabòd » e Dio promette di fare passare davanti a lui «tutta la mia bontà», mentre proclama il «Nome». Questa ambivalenza di «vicinanza/lonta- nanza» permane nella preghiera in sinagoga, an- cora al tempo di Gesù. La versione greca della LXX di Es 33,13 esprime una richiesta indicibile, alla lettera : «manifesta te stesso a me, emphànison-moi seautòn », laddove il testo ebraico ne smorza l’audacia: « hod‘ènì-na’ ’et de- rakèka , fammi conoscere la tua via», oppure la «tua Gloria - ’et kebodèka » (Es 33,18). In Es 33,19 Dio promette a Mosè di far passare davanti a lui tutto lo splendore del suo «bene, tòb », mentre procla- merà il proprio Nome. Il grande esegeta ebraico medievale Rashì commenta che Dio consegna a Mosè la visione di sé nella preghiera fondata sul merito dei Padri, cioè sulla preghiera corale, espressione del senso dell’Assemblea che com- prende anche gli antenati. Quasi a dire che quando noi preghiamo, anche in solitudine, non siamo mai soli, perché sempre la nostra preghiera è corale, ec- clesiale. Ecco il testo di Rashì: [ Corsivo nostro ] «“ Farò passare innanzi a te… ”. È giunto il momento in cui tu puoi vedere della Mia gloria quello che ti consentirò di vedere, perché Io voglio e debbo insegnarti un formulario di preghiera . Quando tu hai bisogno di implorare la Mia misericordia per Israele, ricorda a Me i meriti dei loro Padri, perché, come ben sai, se sono esauriti i meriti dei Patriarchi, non c’è più speranza. Io, dunque, farò passare tutta la Mia bontà dinnanzi a te, mentre tu ti trovi nella grotta» (R AShI DI T RoyES [1040-1105], Commento all’Esodo ad Es 33,19 , pp. 320-321). B - «Fammi sentire la tua voce» In Es 33,22 Mosè è nascosto da Dio nella «cavità della rupe», coperto dalla mano di Dio che si mo- stra di spalle. Il richiamo della «cavità della rupe» rimanda espressamente al Cantico dei Cantici, dove il giovane amante appassionato e frenetico cerca disperatamente di vedere il volto dell’innamorata: «o mia colomba, che stai nelle fenditure della roc- cia , nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce , perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole» (Ct 2,14). Nel testo biblico è l’innamorato che sospira la visione dell’a- mata, mentre il Targùm (traduzione in aramaico durante la preghiera in sinagoga del testo letto in ebraico), trasforma l’innamorato in Dio-sposo che arde di passione per la sua sposa-Israele . Il testo che segue era letto in sinagoga al tempo di Gesù: [ Corsivo nostro ] «E quando l’empio Faraone inseguiva il popolo d’Israele (Es 14,8ss), l’Assemblea d’Israele fu come una colomba chiusa nelle spaccature di una roc- cia : e il serpente cerca di colpirla dal di dentro, e l’av- voltoio di colpirla dal di fuori. Così l’Assemblea d’I- sraele: essa era chiusa dai quattro lati del mondo: da- vanti a loro il mare, dietro a loro inseguiva il nemico, e ai lati, deserti pieni di serpenti infuocati, che colpiscono e uccidono con il loro veleno i figli dell’uomo. Subito, al- lora, essa aprì la sua bocca in preghiera davanti al Si- gnore (Es 14,10); e uscì una voce dai cieli dell’alto, che disse così: Tu, Assemblea d’Israele, che sei come co- lomba pura, nascosta nella chiusura di una spaccatura di roccia e nei nascondigli dei dirupi , fammi udire la tua voce (cfr. Esodo Rabba XXI, 5 e Cantico Rabba II, 30 ). Perché la tua voce è soave quando preghi nel san- tuario, e bello è il tuo volto nelle opere buone» (cfr. Mekilta Es 14,13). La tradizione giudaica ( Targùm a Ct e Rashi a Es 33) apre una prospettiva davvero interessante: al desi- derio del profeta Mosè di vedere Dio e al desiderio dell’innamorato del Cantico di vedere il volto della sposa, il Signore risponde non solo insegnando le regole della preghiera (v. il tallìt ), ma supplicando la santa Assemblea di dare a lui stesso, a Dio, la possi- bilità di contemplare il volto di Israele quando prega . Si ribaltano i ruoli: non è più solo l’uomo che desi- dera vedere Dio, ora è Dio che vuole contemplare il volto dell’assemblea/sposa nell’atto della pre- ghiera, perché nella preghiera si consuma la cono- scenza che diventa estasi e contemplazione: l’a- more. Quando noi preghiamo è Dio che contempla noi e arde dal desiderio di vedere il nostro volto. Pregare non vuol dire solo invocare Dio, nemmeno compiere uffici o proclamare lodi e neppure ringra- ziare Dio: tutto ciò è parte ancora di un rapporto esteriore. Pregare nella sua essenza più mistica e assoluta è rispondere al bisogno di Dio di ascol- tare la voce amabile della sua sposa-Assemblea e di contemplarne il volto splendente di opere buone. A tutto questo bisogna prepararsi perché un evento di tale portata non s’inventa e non s’im- provvisa. La «preghiera» è un lavoro, un impegno - sì, un pondus /fatica - perché ci permette di eserci- tare il ministero dell’amore che si mette a disposi- MC R GIUGNO2017 MC 33 © Gigi Anataloni /Marsabit Shrine - Kenya

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