Missioni Consolata - Giugno 2017
Insegnaci a pregare sione e non nella contrattazione. Il desiderio espresso da Mosè - che è l’anelito universale di co- noscere Dio - è descritto come esperienza di vita che raggiunge il suo vertice nella visione del volto di Dio. Mosè sa che il Dio dell’Esodo non può es- sere imprigionato nelle categorie della religione perché di lui non si può possedere nemmeno il «Nome» (cf Es 1,14). Può essere desiderato, ma non visto, gli si può parlare, ma senza vederne il volto. È un «Dio vicino» (Dt 4,7), ma anche un «Dio terribile» (Dt 10,17; Sal 68/67,36). Nessun Ebreo può aspirare a «vedere» Yhwh senza sperimentare la morte: chiunque vede Dio muore ; «tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può ve- dermi e restare vivo» (Es 33,20). In Es 3 si racconta la visione del roveto ardente. Appena Mosè si rende conto di essere in una terra consacrata al Dio della montagna «El Elohìm», è preso dal terrore e deve togliersi i sandali fatti con pelli di animali morti e quindi sorgente d’impurità (cf Es 3,5). Appena la voce si manifesta come «Dio», Mosè si butta faccia a terra perché ha paura di morire. «Disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio» (Es 3,6; 19,12.31; Lv 16,1-2; Nm 4,2; Is 6,3; Gdc 13,22). Il timore di «vedere Dio» e di morire persiste anche nell’Apocalisse, perché l’autore cade «come morto» (cf Ap 1,17) appena vede il «Figlio d’uomo» (Ap 1,13), ma, come nell’AT, riceve la garanzia della sopravvi- venza. Il tema della paura di Dio si sviluppa e si evolve lentamente perché in Dt 5,24 che riflette la teolo- gia del sec. VII a.C. si legge: «Oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l’uomo e l’uomo restare vivo» (cf anche Gdc 6,22-23). Il desiderio di Dio, co- munque, è più forte della paura della morte, per- ché Mosè, - a cui «il Signore parlava […] faccia a fac- cia, come uno parla con il proprio amico» (Es 33,11), senza però potere essere visto -, esprime l’anelito del profeta che porta in sé il bisogno del- l’umanità intera: « 13 Ora, se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indi- cami la tua via, così che io ti conosca e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa nazione è il tuo popolo”. 14 Rispose: “Il mio volto camminerà con voi e ti darò ri- poso”. 15 Riprese: “Se il tuo volto non camminerà con noi, non farci salire di qui. 16 Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo, se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra”. 17 Disse il Signore a Mosè: “Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome”. 18 Gli disse: “Mostrami la tua gloria!”. 19 Rispose: “Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia”. 20 Soggiunse: “Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo”. 21 Aggiunse il Signore: “Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: 22 quando pas- serà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. 23 Poi to- glierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere”» (Es 33,13-23). Il dialogo tra Dio e Mosè è un continuo rincorrersi, un tentativo di sfuggirsi: Mosè chiede di conoscere la via e Dio risponde promettendo che il volto suo 32 MC GIUGNO2017 I l midràsh Ròsh Hashanàh – Capo- danno 17b , con una trasposizione retrospettiva, attribuisce a Dio stesso l’invenzione del tallìt , lo scialle bianco con strisce blu che copre il capo e le spalle degli uomini durante la pre- ghiera quotidiana. Il midràsh narra che Dio in persona si manifestò a Mosè av- volto nel tallìt allo scopo d’insegnargli come avrebbe dovuto pregare ogni Israelita orante in futuro, e mentre si manifestava proclamava i tredici attri- buti di Dio elencati in Es 34,6-7: 1. Si- gnore; 2. Eterno; 3. Dio; 4. Pietoso; 5. Misericordioso; 6. Longanime; 7. Ricco di benevolenza; 8. Ricco di verità; 9. Conserva il suo favore per mille gene- razioni; 10. Perdona il peccato; 11. Perdona la colpa; 12. Perdona la ribel- lione; 13. Colui che assolve. Perché «13»? La risposta è rivelazione di un mistero grande e straordinario. Secondo la Ghematrìa o Scienza dei numeri che applica una regola esege- tica ebraica, a ogni consonante dell’al- fabeto (nell’ebraico biblico scritto le vocali non esistono, ma sono solo pro- nunciate) corrisponde un numero. Poi- ché il nome di Dio, «Yhwh» ha valore di 26, il numero 13 è esattamente la sua metà; anche la parola « ’ehàd – uno» ha valore di 26. Non solo, ma il termine «amore – ’ahavàh» ha il va- lore di 13, esattamente quanti sono gli attributi di Dio. Parafrasando ironica- mente potremmo dire che per fare «Dio - Yhwh » (= 26) occorre un «amore» (= 13) più le qualifiche/attri- buti di Dio stesso (=13) perché «Dio è Amore – ho theòs Agàpē estìn » (1Gv 4,8). Allo stesso modo, quando un uomo e una donna si uniscono per for- mare una «sola carne», fondono l’a- more maschile che vale 13 e l’amore femminile che vale 13 e solo insieme esprimono «immagine e la somiglianza di Dio» (cf Gen 1,27), partecipando alla vita divina che è uguale a 26. Celiando, dal punto di vista umano, si può dire che per fare un Dio occorrono due amori fusi in uno . Chi ama porta in sé la metà di Dio e le sue qualifiche, e unendosi all’altra metà che è la per- sona amata forma un’unità sola, come uno è Dio. Questa misteriosa unione mistica av- viene nella preghiera, che è il «luogo» dove l’amore si fa carne e Dio si rende visibile perché lo Sposo può final- mente «vedere» la voce della Sposa e toccare il « Lògo s/Verbo della vita» (1Gv 1,1). Qui è il fondamento della sa- cralità del rapporto sessuale che, se vi- sto in questa chiave, è la preghiera su- prema che manifesta alla «coppia- uno» il volto e la gloria di Dio-unico. Quando si parla di «chiesa domestica» è questo che s’intende: l’amore coniu- gale è la preghiera più alta perché è l’altare dove il volto di Dio/ Yhwh (= 26) che è Uno (= 26) si esprime e si fonde nell’unità della coppia (= 13+13) che così diventa la manifestazione orante del volto di Dio. IL TALLÌT DI DIO
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