Missioni Consolata - Giugno 2017

GIUGNO2017 MC 13 MC A Le religioni in Ghana L’importante è credere In Ghana il fatto di appartenere a una chiesa è quasi un obbligo. Le cerimonie sono lunghe e il clima mistico. E c’è un grande proliferare di chiese evangeliche. La tolleranza religiosa è più che una tradizione. Anche cristiani e musulmani lavo- rano insieme e si scambiano visite alle feste comandate. I n Ghana la domenica mattina non è possibile prendere appuntamento con gli amici o program- mare nessun genere di incontro. Tutti ti diranno che sono in chiesa. Cerimonie lunghissime che du- rano anche cinque o sei ore e che hanno poco a che vedere con le liturgie occidentali. Più orientate a una sorta di furore mistico che si manifesta nella ripeti- zione delle parole della Bibbia o dei Vangeli, nell’ispi- razione del pastore e nella partecipazione, urlata e danzata, dei fedeli. Secondo il World Christian Database in Ghana si con- tano 700 denominazioni cristiane e almeno 71.000 congregazioni individuali (chiese create da una per- sona). Il paese ha una grande varietà di apparte- nenze e soprattutto una lunga tradizione di tolle- ranza religiosa. La non discriminazione a causa della fede e la totale libertà di professare il proprio credo sono stabiliti dalla Costituzione ghanese, e non sono principi teorici ma radicati fortemente nella popola- zione. S econdo gli ultimi dati, in Ghana il 71,2% si di- chiara cristiano. La prevalenza va alla chiesa pentecostale-carismatica con il 28,3%, se- guono altre chiese protestanti con il 18,4% e la catto- lica con un 13,1%. La religione musulmana è profes- sata dal 17,6% della popolazione, la tradizionale dal 5,2%. Poi ci sono anche altre fedi professate nel paese, come quella buddista. Persone che vivono insieme, lavorano, vanno a scuola e a volte partecipano alle cerimonie religiose degli al- tri. A scuola, per esempio, oppure nei grandi eventi pubblici, quando un capo di stato può prendere parte a un’importante celebrazione in moschea anche se è cristiano, o viceversa. A volte capitano dei «disagi». Per esempio recentemente si è investito l’apparato giudiziario per decidere se fosse giusto che nelle scuole gli studenti musulmani dovessero partecipare alle preghiere cristiane di inizio giornata, e non vice- versa. Letture e interpretazioni che però non tolgono la capacità di stare insieme e di rispettarsi a vicenda in una contaminazione costante di vite. Il muezzin che chiama alla preghiera è il suono di sottofondo quotidiano, lo sono le preghiere nei mercati all’a- perto e così pure i canti che arrivano alti dalle nume- rosissime chiese sparse in città e nei più remoti vil- laggi. «La tolleranza religiosa e il rispetto per le altre fedi ci è stato passato come un tesoro da chi ha fon- dato questo paese e noi lo onoriamo - dice il reve- rendo Alfred Ahiahornu della Calvary Baptist Curch in un quartiere di Accra -. Non ci facciamo la guerra per motivi religiosi e anche nelle questioni politiche musulmani e cristiani siedono allo stesso tavolo e de- cidono insieme». Forse qualche parte del mondo po- trebbe guardare al Ghana come esempio, in questo senso. Il solo elemento a sfavore di questa libertà proclamata e applicata è la poca capacità di inserire in questa tolleranza una figura come l’ateo. Resta per i ghanesi difficile comprendere che qualcuno possa dichiararsi tale. Qualunque chiesa o moschea va bene, l’importante è appartenere a qualcosa che pro- fessi l’esistenza di un dio, possibilmente salvifico, e dell’aldilà. Antonella Sinopoli Qui sopra : sostenitori del presidente eletto in una veglia di preghiera per il loro candidato, novembre 2016. # © Cristina Aldehuela / AFP

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