Missioni Consolata - Maggio 2017
dell’Interno ribadì, come riportato dal portale sul- l’immigrazione del governo, «la vigenza del divieto di segnalazione anche dopo l’entrata in vigore del reato di ingresso e soggiorno irregolare sul terri- torio nazionale, precisando che l’obbligo di denun- cia non si applica in riferimento al reato di in- gresso e soggiorno irregolare sul territorio dal momento che si tratta di una contravvenzione e non di delitto». Sebbene si fosse fatta chiarezza su un’ambiguità di fondo, la legge aveva contribuito a rendere diffi- denti i pazienti senza documenti che, in quel pe- riodo, preferivano rinunciare al proprio diritto all’assistenza sanitaria pubblica. «Ancora oggi alcuni stranieri, a cui è stata rifiu- tata la richiesta di protezione internazionale, non sanno che si possono rivolgere al pronto soccorso liberamente - spiega Joelle -. Il mio compito in questi casi è provare a rassicurarli e convincerli ad andare all’ospedale in caso di emergenza». 48 MC MAGGIO2017 D A lle 6 del mattino è già sveglio. Per prima cosa rivolge la preghiera quotidiana a Oriente. Poi prepara il borsone. Tacchetti, calzettoni, parastinchi, scaldamuscoli, pantalon- cini, una maglia a maniche corte, una felpa dell’Italia. Alle 7 è pronto per an- dare al lavoro, ma non prima di in- viare il messaggio di rito: «Ricordatevi che stasera c’è alle- namento. Cercate di essere puntuali. Vi aspetto davanti al cancello del campo alle 18.30». Il tono è quello compassato di un allenatore che con- voca i suoi giocatori con la serietà asciutta di chi non fa tanti giri di parole. Proprio come Aboudala Dembelé , per gli amici Abu, che di giorno fa l’ope- raio e nel tempo libero è il mister di una squadra di calcio che unisce sotto la stessa maglia richie- denti asilo e rifugiati politici maliani residenti in al- cuni centri di accoglienza di Torino. Anche Abu è titolare di protezione internazionale. È arrivato dal Mali nel 2011, sulle rotte consuete che dalla Libia lo hanno portato in un centro di ac- coglienza torinese. «All’inizio non potevo lavorare e non conoscevo nessuno - racconta Abu -. Per cui ho iniziato a studiare l’italiano e poi, per non stare inattivo fisicamente, mi sono messo a giocare a calcio in un campetto vicino al centro». C on un pallone, la fantasia e la forza dei suoi 25 anni, le cose hanno cominciato a muo- versi. Da lì a poco è entrato a far parte del- l’associazione sportiva dilettantistica Balun Mun- dial, fondata da un gruppo di ragazzi italiani e stra- nieri che, dal 2007, ogni estate organizza a Torino la «Coppa del mondo delle comunità migranti», una sfida all’ultimo gol per costruire uno spazio di incontro tra resi- denti e chi è appena arrivato in Italia. Abu non ha perso tempo e ha portato il suo contributo co- stituendo la nazio- nale del Mali di cui è l’allenatore dal 2015. «Volevo co- municare a tutti che c’è una comunità di maliani a Torino», spiega Abu. La sele- zione dei giocatori è avvenuta nei centri di accoglienza, dove l’invito di Abu è stato accolto come un’opportu- nità per conoscere nuove persone in un ambiente divertente e multietnico. «Il calcio dà ai miei gio- catori la possibilità di parlare italiano con i ragazzi delle altre nazionalità, di stare all’aria aperta e di imparare il concetto di puntualità che per noi afri- cani a volte è un po’ vago - ride Abu -. All’allena- mento non si sgarra. Chi non arriva puntuale non si allena. Così si impara la puntualità e la disciplina utile alla vita». In un passaggio educativo alla pari Abu cerca di insegnare quello che ha imparato sulla sua pelle. «So cosa significa stare in un cen- tro di accoglienza - racconta il giovane -. La mag- gior parte della giornata non si svolge nessuna at- tività. Quando ho tempo libero, vado a trovare i ragazzi e parliamo. Provo a dare loro i miei consi- gli, li spingo ad andare a scuola e li ascolto. Fuori o dentro al campo, io ci sono sempre per i miei gio- catori». Sim.Car. IL CALCIOCHECONTA Aboudala Dembelé, Mali
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