Missioni Consolata - Maggio 2017

Come Isacco Gli altri possono intuire, assistere, partecipare, ma restano ai margini perché i destini della propria missione possono essere vissuti solo nel cuore di Dio. In questo senso pregare è fare chiarezza, impa- rare la morfologia della fede per leggere la propria esistenza e la storia con gli occhi e la prospettiva di Dio. Gesù non vuole essere un Messia di violenza e non vuole esaurire la sua azione in una dimensione politica, perché non è venuto per prendersi una ri- vincita sugli uomini, come dimostra il suo atteggia- mento nei confronti del centurione romano ( cfr . Mt 8,4-10) che accoglie come accoglie gli Ebrei. Egli vive la sua messianicità nella prospettiva della non- violenza e della dolcezza espresse nella misura del perdono come dimensione della nuova giustizia ( cfr . Mt 5,20; 6,1), che deve inaugurare il Regno che viene ( cfr . Mc 11,10; Lc 17,20). Non è facile per lui scegliere questa via, perché significa mettersi in op- posizione alla mentalità corrente che porrà fine alla sua missione «prima del tempo». Per evitare la violenza, infatti, egli dovrà subirla e per non ucci- dere dovrà essere ucciso prima di avere compiuto la sua missione messianica. «Rimetti la spada nel fodero» (Gv 18,11). Gesù si interroga sul senso della sua vita: se deve morire prima ancora di arri- vare al compimento della sua missione, che Messia è? Non solo, ma la volontà di salvezza del Padre come può realizzarsi se egli non sarà in grado di portarla a termine? Come deve portarla a termine? È proprio necessario che egli debba morire? «E di- ceva: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allon- tana da me questo calice!”» (Mc 14,36). Gesù agisce come Isacco che, non vedendo l’a- gnello del sacrificio, non riesce a capire, si abban- dona alla volontà del Padre nella certezza che nulla accade per caso: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Se egli intraprenderà la via messianica della dolcezza e della tenerezza, scatenerà, come si dice abitualmente, «l’ira di Dio» e le forze del male si abbatteranno contro di lui, uccidendolo ( cfr . Sal 17,11; 22/21,13; 27/26,6; 40/39,13; 88/87,18; 109/108,3; 140/139,10), ma la morte subìta non può essere l’ultima parola, anche se così sembra. Senza la preghiera tutto si sarebbe fermato alla superfice, con la preghiera tutto viene vissuto in profondità. In Gesù comincia a balenare l’idea della risurrezione: se Dio non può non realiz- zare il suo disegno di amore e se il Messia/Cristo è ucciso, il Padre saprà superare la morte e farà com- piere oltre la morte stessa la missione al suo Cristo e Figlio. Come Isacco che si abbandona, affidandosi e fidandosi senza capire, al Dio del padre suo, Abramo, cui era stata promessa una posterità tratta dalla sua carne, perché se Dio è Dio, sempli- cemente non può venire meno alla sua Parola (Gen 22,1-18). Narra un racconto ebraico che Isacco, vedendo Abramo titubante nell’impugnare il coltello, lo in- cita con ardore a compiere il sacrificio richiesto da Dio secondo il rituale. Il figlio unigenito incoraggia il padre a legarlo per ubbidire al Signore che sa quello che fa. Isacco legato alla legna del sacrificio sull’altare di pietra, sul monte Mòria, dove secoli dopo sorgerà il tempio di Gerusalemme, è simbolo di Cristo, il Figlio Unigenito, legato al legno della croce e sacrificato sull’altare per regalare la sua vita all’età di 36 anni. Abramo disse a Dio: «Quando in futuro i figli di Isacco ti pregheranno e ti chiede- ranno qualunque cosa, tu li ascolterai, ricordandoti dell’ Aqedàh /legatura di Isacco» (L. Ginzberg, Le leg- gende degli Ebrei. II. Da Abramo a Giacobbe , Adelphi Edizioni, Milano 1997, 98-102). Per i meriti del figlio Isacco, Abramo ricevette l’al- leanza da Dio. Per i meriti di Cristo legato alla croce, l’umanità ha accesso a Dio. Paolo Farinella (4 - continua) 34 MC MAGGIO2017 Insegnaci a pregare © Gigi Anataloni

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