Missioni Consolata - Aprile 2017
APRILE2017 MC 73 Ma subito dopo scegliesti la vita militare. Per me, figlio ed erede di un importante daimyō , era una vocazione naturale quella di diventare un samurai, un guerriero sempre pronto a difendere la famiglia, la legalità e il suo signore, lo shogun . Hai partecipato a guerre e duelli? C’è qualche avvenimento che ricordi in modo particolare? I daimyō erano spesso in conflitto tra loro. Sì, ho partecipato a guerre e combattimenti, distinguen- domi per il mio valore. L’episodio che ha segnato la mia vita è stato il duello con il figlio di un amico di mio padre nel 1571. Avevo vent’anni. Dopo la morte di suo padre era venuto a contrasto col mio e, secondo la tradizione, dovetti accettare di bat- termi a duello per risolvere la questione. Fui ferito gravemente, ma uccisi il mio avversario. Nel pe- riodo che seguì questo triste evento, approfittai della forzata convalescenza per riflettere a fondo sulla mia vita, e come fu per sant’Ignazio di Loyola così fu per me. Mi convinsi che pur rimanendo un samurai dovevo mettere la mia abilità nel maneg- giare le armi al servizio dei più deboli, degli orfani e delle vedove. È vero che giungesti anche alla conclu- sione che non dovevi più usare la forza per risolvere i conflitti? Nel 1573 la mia famiglia ricevette un nuovo feudo e ne divenni il daimyō , per- ché mio padre era ormai troppo vec- chio. Due anni dopo presi Giusta, una cristiana, in moglie ed ebbi tre figli (due morti ancora bambini) e una figlia. Una fa- miglia è una buona ragione per vivere in pace. Ma in quei tempi non era facile stare fuori dalle guerre. Nel 1578 un daimyō nostro vicino si era ribellato al no- stro shogun e si era accam- pato davanti al nostro ca- stello, prendendo in ostaggio mia sorella e mio figlio e mi- nacciando i cristiani. Feci allora un gesto impensabile per uno del mio rango: rinunciai ai miei diritti feudali e mi presentai disarmato nel campo del nostro nemico invitandolo a trovare un’intesa di pace invece di far scorrere inutilmente del sangue e gettare nel lutto e nello sconforto molte famiglie. Presentandomi di- sarmato all’avversario, rinunciai a ciò che ero e alle mie capacità guerriere, affidandomi completa- mente a Dio. In questo modo mettevi in gioco la tua reputa- zione di samurai e il tuo onore. È vero, ma cominciavo a dare testimonianza del Vangelo fra la mia gente, lasciando intravedere come fosse possibile vivere fino in fondo il messag- gio di amore e di pace che Cristo era venuto a por- tare nel mondo e che dopo più di millecinquecento anni era finalmente approdato anche nella mia terra. La questione fu risolta senza spargimento di sangue e il mio shogun mi riconfermò la sua fiducia e il feudo, permettendomi così di continuare a soste- nere la nostra comunità cristiana. Per questo cominciasti anche a impegnarti per- ché la fede cristiana attecchisse nel tuo paese in forma stabile. Avevo la piena fiducia del mio shogun di cui ero di- ventato uno dei generali più importanti. Feci co- struire una chiesa nella stessa città imperiale di Kyoto e un seminario ad Azuchi, sul lago Biwa, per la formazione di missionari e catechisti giapponesi. La maggioranza dei seminaristi provenivano dalle famiglie del mio feudo. Tra loro mi piace ricor- dare Paolo Miki e i suoi compagni che in se- guito subirono il martirio nel 1597 (canoniz- zati poi nel 1862). La tipica cerimonia giapponese del tè dove si rafforzano le relazioni fra i parte- cipanti e si approfondiscono i legami di amicizia fu da te utilizzata per fare evan- gelizzazione. Per noi bere il tè non è un atto superfi- ciale. È una cerimonia che con il suo rituale ha un fascino intrinseco che aiuta ad approfondire i legami di amicizia e di fraternità. Sulla di- mensione orizzontale delle rela- zioni fra esseri umani, io inserii la dimensione verticale che aiutava a elevarsi a Dio e a vivere in ami- cizia e comunione in Lui. Si può dire che l’attività che svol- gesti come catechista e missiona- rio fra la tua gente fu molto posi- tiva per la fede cattolica in Giap- pone? Grazie agli sforzi che mettemmo in atto in quegli anni, furono battezzate al- cune migliaia di persone. La mia posi- zione di favore con lo shogun , conti- nuata anche nel primo periodo di Toyotomi Hideyoshi, andato al po- tere nel 1583, aumentava la mia influenza tra i nobili, diversi dei quali accettarono di diventare cri- stiani. Ma Toyotomi, divenuto MC R • Martirio | Giappone | Evangelizzazione | Missione •
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