Missioni Consolata - Aprile 2017
circa 150.000 rifugiati rohingya; nella sola Malesia vi sarebbero 159.000 persone registrate prove- nienti dal Myanmar, di cui 45.000 Rohingya 36 . Mentre Bangkok cerca di tenere a bada i richie- denti asilo islamici affinché non alimentino le file del secessionismo nel Sud del paese, Kuala Lumpur utilizza i profughi provenienti dal Rakhine per pro- pri fini propagandistici. Lo scorso 4 dicembre 2016 il primo ministro malese Najib Razak ha denunciato, durante una manifesta- zione, il «genocidio Rohingya» e ha lanciato un messaggio alla collega birmana Aung San Suu Kyi: «Quando è troppo è troppo». Secondo Jacques Leider neppure il termine genoci- dio sarebbe appropriato: «Ciò che sta accadendo nel Rakhine non è un genocidio semplicemente per- ché non possiamo parlare di una etnia rohingya. Possiamo parlare di xenofobia, ma non di genocidio o di razzismo nei confronti dei Rohingya». La prudenza di Leider è confortata anche dal fatto che, sino ad oggi, nessun documento delle Nazioni Unite parla di genocidio anche se secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite è «molto probabile si stiano commettendo crimini contro l’umanità» 37 . Genocidio o no, lo sfogo del primo ministro malese Najib Razak non è disinteressato: con le elezioni ge- nerali in vista (agosto 2018) e la sua popolarità in calo a picco a causa delle accuse di corruzione, il primo ministro malese ha bisogno di riacquistare voti e credibilità tra l’elettorato musulmano e sviare l’attenzione dai problemi interni che afflig- gono la Malesia. Del resto la stessa Malesia non è immune da discri- © Steve Gumaer - 2013 minazioni nei confronti dei Rohingya. Solo coloro che possiedono una carta Unhcr (che li identifica come rifugiati) hanno accesso ai servizi sanitari, alle scuole pubbliche, ai servizi sociali pagando co- munque il 50% delle rette e, nonostante il governo di Kuala Lumpur abbia più volte assicurato di voler rilasciare permessi di lavoro temporanei, questi sono consegnati col contagocce. I pochi fortunati che hanno la possibilità di lavorare guadagnano la metà di un loro collega malese 38 . Le leggi restrittive malesi verso le Ong internazio- nali permettono solo a tre di queste di lavorare con i rifugiati: la «Angkatan Belia IslamMalaysia», la «Taiwanese Buddhist Tzu Chi Foundation», che ge- stisce una clinica gratuita che assiste i Rohingya e la «Myanmar Refugees Activist», che offre corsi di specializzazione professionale ai profughi del Maynmar. La corruzione dilagante nello stato colpisce anche i profughi: alcuni Rohingya hanno denunciato di es- sere costretti a pagare somme tra i 5 e i 12 dollari ai poliziotti per evitare il carcere nel caso vengano fermati e trovati senza carta Unhcr. La stessa Unhcr non è stata esente, in passato, di accuse di corruzione secondo cui funzionari dell’a- genzia delle Nazioni Unite avrebbero intascato fino a 400 dollari per rilasciare le carte Unhcr ai rifu- giati. Dopo una replica in cui non si negava la possi- bilità che tali atti fossero accaduti 39 , l’organizza- zione ha cambiato tutte le carte di registrazione e i metodi per ottenerle. Aung San Suu Kyi: dopo le parole, è l’ora dei fatti Quella dei Rohingya non è certamente la sola tra- gedia - culturale, religiosa, etnica, politica, econo- mica - che affligge una minoranza. In Myanmar, specialmente, decine di etnie hanno subito e sub- 48 MC APRILE 2017 D Sotto : tende approssimative e fango in un campo profughi rohingya nello stato di Rakhine, in Myanmar. D
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