Missioni Consolata - Marzo 2017

80 MC MARZO2017 operaio e marxista, assieme a un gruppo di ragazze che nel frattempo erano rimaste conquistate dall’i- deale di condividere la vita dei poveri, vivendo in comunità e mettendo tutto in comune, per dare te- stimonianza del Vangelo in un contesto sociale di povertà e sfruttamento. Una scelta coraggiosa specialmente per delle ragazze, non c’è che dire! In quegli anni Ivry era la capitale del partito comuni- sta francese, una città tappezzata da manifesti di propaganda sovietica, in cui ci si salutava con il pu- gno alzato e dove i bambini del quartiere prende- vano a sassate i preti che incrociavano. Era una città divisa in due: da una parte un pugno di cattolici, so- prattutto anziani e benestanti, e dall’altra una mol- titudine di militanti comunisti, poveri e lontani dalla Chiesa. Tra queste due parti l’ostilità era fortissima, in ambito cattolico si discuteva molto su quale do- vesse essere il rapporto fra cristiani e marxisti. Come fu il vostro inserimento? Decidemmo di risolvere la questione della convi- venza in base a un principio molto semplice, consi- derando che Dio non aveva mai detto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso eccetto i comunisti». Con le mie compagne, spinte dal Vangelo, an- dammo in mezzo alla gente, aprendoci e parlando con tutti, rispettando ogni persona che incontra- vamo sul nostro cammino, soprattutto i più poveri ed emarginati. La vostra testimonianza incentrata sulla pre- senza in mezzo a coloro che occupavano il gra- dino più basso della società francese non tardò a conquistare anche i «bolscevici» più incalliti, o no? La nostra casa in breve tempo divenne un porto di mare, la nostra porta era sempre aperta per ogni tipo di incontro, per ogni forma di dialogo, dando aiuto e sostegno a chiunque. La nostra scelta di vi- vere «gomito a gomito» con la gente del quartiere, era contrassegnata allo stesso tempo da quella di tuffarsi in Dio con la stessa forza con cui ci si im- merge nel mondo. Cara Madeleine, basta un semplice sguardo alla tua biografia e subito ci si rende conto che hai vissuto un’esperienza straordinaria, per quanto riguarda il cammino spirituale della tua vita. Se ti rispondo dicendo che durante la mia adole- scenza mi dichiaravo atea e pessimista, affermando che «Il mondo è un assurdo e di conseguenza la vita è un non senso», capirai che razza di «guazzabu- glio» avevo per la testa. Ma questo modo di pensare subì un drastico cambiamento durante la tua giovinezza. Verso i venti anni incontrai alcuni giovani cattolici «ai quali Dio pareva essere indispensabile come l’a- ria che respiravano». Questo mi obbligò a pensare e a mettermi in discussione. Se fino a poco tempo prima guardavo il mondo convinta che tutto dimo- strasse la non esistenza di Dio, accettai l’ipotesi della sua possibile esistenza e decisi di iniziare un cammino del tutto nuovo per me. Per questo feci la scelta di dedicare tempo alla preghiera, perché ero convinta che quello fosse l’unico atteggiamento possibile e onesto per verificare l’esistenza di Dio. Con mia grande sorpresa attraverso la mia incerta e debole preghiera rimasi «abbagliata» da Dio. Un ruolo molto importante in questa faccenda lo giocò un tuo amico, o sbaglio? Proprio così, Jean Maydieu, un amico che mi era molto caro e che esercitava un forte fascino su di me e che un bel giorno decise di entrare nell’Ordine dei Domenicani per diventare sacerdote. E tu come prendesti la sua decisione? Da ragazza ribelle e anticonformista quale ero, con la stessa foga con cui anni prima avevo fatto aperta professione di ateismo, mi tuffai in un’appassionata e instancabile riscoperta di quel Dio che aveva fol- gorato i miei 20 anni, sconvolgendo in maniera così impetuosa la mia vita, facendomi intravedere un cammino nuovo da intraprendere, così come aveva indicato al «mio» Jean, la strada che doveva percor- rere. In questa situazone del tutto nuova quale orientamento pensavi di prendere? Inizialmente pensai di entrare nel Carmelo, diven- tando suora di clausura. Però in seguito di problemi famigliari e grazie all’aiuto del mio padre spirituale, decisi che la mia strada doveva essere un’altra. Sen- tivo crescere in me una vocazione speciale: il mondo sarebbe stato il mio monastero. In un’epoca in cui l’unica strada per la consa- crazione di una ragazza era all’interno di un’i- stituzione religiosa, la tua scelta apparve di non facile comprensione anche per la comunità cristiana. Come spesso succede in questi frangenti, all’inizio del nostro cammino non fummo, le mie compagne e io, subito capite sulla testimonianza che volevamo offrire alla Chiesa francese. Così, confidando nel Si- gnore, nel 1933 partii per Ivry, sobborgo parigino 4 chiacchiere con...

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