Missioni Consolata - Marzo 2017

52 MC MARZO2017 techi hanno ritenuto di indivi- duare una soluzione eleggendo presidente un personaggio sui ge- neris, J IMMy M orALES , noto attore comico e membro di una chiesa evangelica. Come quasi sempre accade, il nuovo è però diventato vecchio in brevissimo tempo. In un contesto tanto complicato chiedere il rispetto dei diritti umani è un’impresa difficile e spesso molto pericolosa. Un dato per capire meglio: tra gennaio e novembre 2016 in Guatemala ci sono state 223 aggressioni contro difensori dei diritti umani, 14 dei quali sono stati assassinati. Si trattava di persone che difende- vano l’ambiente, il diritto alla ve- rità e alla giustizia, il diritto alla terra e quello al lavoro. Per proteggere e aiutare i difen- sori dei diritti umani o - come re- cita lo slogan - «per il diritto a di- fendere i diritti» ( por el derecho a defender derechos ), dal 2000 nel paese centroamericano opera l’organizzazione «Unità di prote- zione per le difensore e i difensori dei diritti umani in Guatemala» ( Unidad de Protección a Defenso- ras y Defensores de Derechos Hu- manos Guatemala ), in sigla Ude- fegua. Di tutto questo abbiamo parlato con la fondatrice e responsabile dell’organizzazione, C LAUDIA S A - MAyoA , che lo scorso novembre per la sua attività è stata pre- miata dal Procuratore nazionale per i diritti umani (Pdh). Dopo la guerra, nessuna pace Claudia, due parole per autopre- sentarsi. «Sono guatemalteca. Ho il privile- gio di avere 3 figli e un compagno di vita che mi ha accompagnata in questa mia esistenza tutta dedi- cata ai diritti umani. Sono laureata in filosofia ma il mio paese mi ha costretta, fin dagli anni Ottanta, a occuparmi di diritti. Diritti alla ve- rità e alla giustizia, all’educazione, diritti degli indigeni». Chiusi 36 anni di sanguinosa guerra civile, per il Guatemala la strada pareva in discesa. Invece, a 20 anni dagli accordi di pace, il paese pare pacificato soltanto formalmente. Come mai? «Dopo la firma della pace, inge- nuamente credevamo di essere fi- nalmente liberi. Invece, tra il 1998 e il 2000 - all’epoca io ero diret- trice della Fondazione Rigoberta Menchú - il controllo del paese è stato ripreso da quella che io chiamo la mafia militare. Si tratta di un’organizzazione che include militari della controinsurrezione guatemalteca e uomini del crimine organizzato (quello che si occupa di narcotraffico, contrabbando, traffico di esseri umani). Assunto il potere, costoro hanno iniziato a combattere tutti coloro che lavo- ravano per la pace e i diritti. Gio- vani e donne, in primo luogo». La nascita di Udefegua Davanti a questo potere intolle- rante avete deciso di reagire. In che modo, esattamente? «Assieme a varie entità abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso: non lasciare solo chi lotta per i di- ritti. È così nata l’“Unità di prote- zione dei difensori dei diritti umani”, Udefegua, con un solo obiettivo: tutti - indipendente- mente dalla propria ideologia, non importa se sono giovani o anziani, indigeni o non indigeni - hanno il diritto di lavorare per la difesa dei diritti umani. Perché non occorre essere un avvocato o appartenere a un’organizzazione per farlo». In concreto, cosa fa Udefegua per coloro che lottano per i di- ritti umani? «Noi li affianchiamo. Ci prendiamo carico di loro e delle loro investi- gazioni affinché possano svolgere il loro lavoro in sicurezza. Fac- ciamo opera di informazione pro- ducendo bollettini ( El Acom- pañante ) con analisi, grafici e stati- stiche. In Guatemala abbiamo se- guito più di 5.200 casi. Oggi lavo- riamo non soltanto qui da noi, ma anche in molti altri paesi, dal Mes- sico a Panama». Sul corpo delle donne Voi lavorate per la protezione dei difensori dei diritti umani, ma la violenza si manifesta già tra le mura domestiche. Si ri- tiene che nel paese 8 donne su © foto PDH, 2016 © Paolo Moiola GUATEMALA A destra : il Procuratore per i diritti umani (Pdh), Jorge Eduardo De León Duque, consegna il premio «Myrna Mack Chang» a Claudia Samayoa (3 novembre 2016). Sopra : un primo piano di Claudia colto durante la nostra intervista.

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