Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017

Una vocazione realizzata in modo inatteso Non è facile individuare l'origine della voca- zione missionaria dell'Allamano, perché si nasconde nell'orizzonte quasi impenetrabile della sua personale relazione con Dio. Come l'abbia saputa realizzare, però, è facile con- statarlo esaminando la sua attività. Fin da giovane, l'Allamano ebbe un vivo de- siderio di essere missionario, scegliendo an- che un istituto in cui entrare. Se non lo poté realizzare, fu solo perché i superiori del se- minario glielo impedirono a causa della sua salute sempre molto precaria. Lui stesso confidò questo sogno giovanile: «Io ero chie- rico e pensavo già alle missioni, ed il Si- gnore nei suoi imperscrutabili decreti ha aspettato il giorno e l’ora». Ancora: «Non avendo potuto essere io missionario, voglio che non siano impedite quelle anime che desiderano seguire tale via». Anche sua mamma era al cor- rente di questa inten- zione: «Non voglio ostacolarti – rispose quando, già ammalata, il figlio gliela confidò – pensa solo bene se sei chiamato. E poi, quanto a me, non pensarci». C'è da ammirare il cam- mino progressivo com- piuto dall'Allamano con il tempo, perché seppe interpretare la propria passione missionaria, mai ridotta, non come un coinvolgimento per- sonale in territorio di missione, cosa che non avrebbe mai potuto realizzare, ma come un dovere morale di aiu- DA TORINO, MISSIONARIO PER IL MONDO tare quanti si sentivano chiamati da Dio ad es- sere missionari. L'Allamano missionario così Il giorno e l'ora della Provvidenza, come spiegò lui stesso, per dare vita al suo sogno missionario, scoccarono nel 1901 con la fon- dazione dell'istituto dei missionari e, nel 1910, delle missionarie della Consolata. La realizza- zione di tale progetto non fu semplice, perché si frapposero diverse difficoltà, compresa quella della sua grave malattia che lo portò sull'orlo della tomba. Ebbe, però, preziose col- laborazioni, a partire da quella dell'incompara- bile canonico Giacomo Camisassa, suo vice alla Consolata, come pure di alcuni volonte- rosi giovani sacerdoti del Convitto, desiderosi di partire subito per le missioni. L'Allamano era talmente entusiasta della missione che, spiegando ai suoi giovani l'essenza della loro vocazione, ebbe il coraggio di affermare: «Non si dice per superbia, ma voi sapete che lo stato missionario è lo stato più perfetto che ci sia. Tanto è vero che Nostro Signore se avesse trovato sulla terra uno stato più per- fetto l’avrebbe abbrac- ciato. Ora, lo stato che più imita Nostro Si- gnore, che ci avvicina di più a lui, è il più per- fetto». Per l'Allamano l'essere missionario era il “massimo” che potes- sero realizzare i suoi giovani e lui stesso che, da Torino, li accompa- gnava e viveva da vi- cino la loro avventura apostolica. P. Francesco Pavese cammino di santità 76 MC GENNAIO/FEBBRAIO2017 Una delle prime missionarie della Consolata descrisse l'identità dell'Allamano con queste semplici parole: «Aveva talmente lo spirito missionario che sembrava fosse sempre stato in missione». Giuseppe Allamano: dalla Consolata al mondo. #

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