Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017

I lettori mi perdoneranno se, per introdurre questo dossier, partirò da alcuni ricordi per- sonali. Molti, troppi anni fa vissi per qualche mese a San Francisco, in California. Abitavo in centro, vicino a Chinatown. Era quest’ultimo un luogo che mi attraeva perché mi offriva una sensazione di esotico fino allora estranea alla mia esperienza d’italiano. Per approfondire quella sensazione, un paio di anni dopo feci un lungo viaggio in Cina, via terra e via fiume. Era tra- scorso un anno e mezzo dalla protesta di piazza Tienanmen (aprile-giugno 1989) e la Cina era an- cora quella delle biciclette e delle campagne. Poi, nel giro di circa un decennio, tutto è cambiato in forza della globalizzazione e delle nuove dinami- che geopolitiche. La Cina è diventata la potenza industriale e commerciale che tutti conosciamo. Grandi aziende occidentali sono state comprate dai cinesi. Addirittura importanti squadre di cal- cio italiane sono passate nelle loro mani. In quasi ogni città del pianeta si sono costituite forti co- munità cinesi, coese e laboriosissime. Con esse sono cresciuti anche miti e stereotipi. Oggi in Ita- lia ci sono - stando ai dati Istat del 1 gennaio 2016 – 271.330 cinesi , pari al 5,4% del totale degli stranieri regolarmente registrati (5.026.153). Gli studi dicono che la grande maggioranza dei cinesi arriva in Italia dalla provincia di Zhejiang e in particolare dalla città di Wenzhou. Nelle mia pic- cola città natale, Rovereto, i cinesi sono poco più di un centinaio (su 5.000 stranieri), ma hanno av- viato decine di attività imprenditoriali. Sono ri- storatori, parrucchieri, estetisti, gestori di super- mercati. Non è una leggenda metropolitana che, in generale, essi siano dei grandi lavoratori, anche se spesso a scapito della concorrenza. Un taglio di capelli da un cinese costa la metà o anche meno che da un italiano. Stessa cosa vale nei ristoranti. Eppure, anche qui le cose stanno cambiando. Le cosiddette seconde generazioni parlano italiano e, pur non rinnegando le « guanxi » (il complesso si- stema di relazioni familiari e sociali proprie del mondo cinese), sono più inserite nella società ita- liana. Magari con dubbi, perplessità, domande senza risposta, ma ci sono e vogliono progredire nel paese d’adozione, pur senza mai dimenticare la patria dei loro genitori. Anche per questo è in- teressante andare a leggere le esperienze ripor- tate - in perfetto italiano - nel sito di Associna . «Nell’Italia della grande migrazione - si legge nell’ormai datato libro di Oriani e Staglianò I ci- nesi non muoiono mai -, alla voce segni particolari, gli stranieri devono esibire indicazioni precise: sul musulmano abbiamo pregiudizi nitidi come cristalli, all’albanese imputiamo la violenza, allo zingaro i furti, al cinese rimproveriamo innanzi- tutto il mistero». In questi anni il rapporto con la comunità cinese ha imboccato percorsi molto di- versi e certamente meno banali. PaoloMoiola Q uesto dossier introduce una tematica - i C inesi d ’i talia - di cui Missioni Consolata non si è mai occupata, se non in maniera occasio- nale. lo abbiamo affidato a un giovane sinologo, G ianni s CravaGlieri , che insegna la lingua cinese nelle scuole superiori della lombardia. Queste pagine sono soltanto un inizio. È nostra intenzione tornare sull’ar- gomento in un vicino futuro. Chi - cinese o italiano - voglia raccontare la propria esperienza scriva alla re- dazione. nel frattempo, buona lettura. ( pa.mo. ) SIAMO CINESI

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