Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017
GENNAIO/FEBBRAIO2017 MC 29 solo un ventaglio ampio di com- petenze e conoscenze, ma anche di cittadini preoccupati per gli im- patti ambientali, sociali ed econo- mici dell’attuale modello energe- tico. Ha creato uno spazio «mo- bile», dove imparare, indignarsi, studiare alternative e costruire vincoli d’affetto con il territorio. Grandi progetti (e interessi) Molti degli attivisti del Volt3 ave- vano partecipato anche alle pre- cedenti edizioni. Nella prima, con lo slogan «Anche sull’energia vo- gliamo decidere noi!», il gruppo aveva visitato, nella provincia di Terragona, la piattaforma terre- stre del progetto di deposito di gas Castor , le centrali nucleari di Vandellós, le terre minacciate dall’immobiliare Bcn World , quelle che resistevano al fracking , le coste di Palamós a rischio per le prospezioni petrolifere marine. I progetti visitati dal Volt1 erano molto diversi tra loro, ma con al- cuni comuni denominatori: l’as- senza di consultazione della po- polazione locale, gli insufficienti studi d’impatto ambientale e l’o- pacità dei grandi interessi econo- mici e finanziari. Il Volt2 aveva lanciato quindi «una sfida ai grandi progetti energetici» e riunito 90 parteci- panti per visitare le grandi infra- strutture di interconnessione per il gas e l’elettricità tra la penisola iberica e il resto d’Europa: il gas- dotto Midcat , il deposito di gas di Balsareny, le torri dell’autostrada elettrica Mat di Graus (grandi in- vestimenti per un progetto poi abbandonato a metà 2 ) e Sabiña- nigo in Aragona, paese già noto per il più grande caso di inquinamento chi- mico d’Europa 3 . La Mat , il Midcat e molte altre infrastrutture simili vengono sponsorizzate con forza dall’Unione europea che ha messo a disposizione il fondo Connecting Europe Facility (Cef) e il Fondo europeo per gli investi- menti strategici, meglio cono- sciuto come Plan Junker . Sono circa 248 i megaprogetti, spesso individuati senza un dibattito de- mocratico nei paesi membri, in attesa di essere dichiarati Pro- getti di interesse comune (Pic), con cui Bruxelles spera di co- struire «l’Unione dell’energia, in- tegrando i mercati europei del settore e diversificando le fonti e le rotte». I Pic ufficialmente do- vrebbero contribuire «a porre fine all’isolamento energetico che caratterizza alcuni stati membri e favoriranno la penetrazione delle rinnovabili nella rete, riducendo le emissioni di biossido di carbo- nio» 4 . Più sicurezza energetica, più servizi e più benessere: chi ri- fiuterebbe un’offerta così? Tuttavia, da un esame più accu- rato, risulta che i progetti favori- ranno più che altro la «sicurezza energetica» delle imprese che controllano il mercato degli idrocarburi. Le stesse in coda per completare il mercato unico europeo di gas ed elettricità attraverso in- frastrutture di intercon- nessione tra i diversi paesi. Il piano lascia a desiderare per la man- canza di un processo democratico nelle deci- sioni e non spiega per- ché la Spagna debba aumentare il potenziale di produzione di ener- gia e di trasporto di risorse quando quelle già esistenti sono sottoutilizzate e la produzione è superiore alla domanda e al biso- gno. Rimane poi incredibile la mancanza di responsabilità e ri- parazione o compensazione delle imprese che spesso sono parte di grandi gruppi oligopolistici. Dov’è finita la sovranità degli stati sul tema? È la garanzia democra- tica che ne dovrebbe guidare le scelte? A favore e a scapito di chi viene erosa la sovranitá energe- tica, e come recuperarla? Un’impunità che corre lungo la catena delle commodities Quest’anno il Volt3 , con lo slogan «Di fronte all’impunità corpora- tiva, sovranità popolare!», si è in- terrogato su ciò che il prof. Juan Hernandez Zubizarreta, docente dell’Università del País Vasco e promotore della campagna Di- smantle Corporate Power 5 , ha chiamato l’«architettura dell’im- punità» delle grandi corporazioni. Gli attivisti hanno visitato molti progetti, tra cui il polo industriale e petrolchimico della città di Ter- ragona, enorme e costante pro- duttore di rumore e fumi. Cia- scuno indossava una ma- scherina fornita dal col- lettivo di attivisti locali Cel Net (Cielo Pulito). In quel sito indu- striale imprese come Repsol o Dow Chemical trasfor- mano il petrolio in derivati per gli usi più vari, da quello Xse MC A Qui a sinistra : partecipanti al Volt3 davanti al polo petrolchimico di Terragona. | A destra , in primo piano di spalle, un membro del collettivo di attivisti locali Cel Net . | Sopra : il logo del Volt3 . # • Territorio | Impunità | Sovranità energetica •
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