Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017
16 MC GENNAIO/FEBBRAIO2017 con la forza, ha fatto in modo che si tenessero a tutti i costi il 20 marzo. Avevamo anche messo in piedi un’operazione di prossi- mità, per dire ai cittadini che era- vamo contro queste elezioni, per- ché il presidente si sarebbe impo- sto con la forza. Abbiamo detto alla gente, quando votate, restate sul posto per aspettare i risultati, per mo- strare alla comunità nazionale e internazionale come questo si- gnore froderà. Nella notte del 20 marzo tutti sapevano già che Sas- sou aveva perso le elezioni. E aspettavamo di vedere cosa sa- rebbe successo. Ma il seguito è stato drammatico. In effetti tutte le previsioni lo da- vano perdente. A causa delle con- dizioni nelle quali ha messo il paese, i congolesi non volevano rieleggerlo. Sassou ha sempre im- brogliato e non ha mai vinto un’e- lezione in maniera trasparente. La prima votazione libera fu nel 1992, e lui la perse. Per questo noi di Ral-le-bol, sape- vamo che avrebbe perso ma che avrebbe voluto imporsi». Parlando della società civile in Repubblica del Congo, oggi a che punto siamo? «È molto indebolita. Sassou sa- peva che è stata proprio la so- cietà civile a farlo cadere nel 1992. Così appena è tornato al potere, con le armi, ha fatto di tutto per metterla all’angolo. Oggi in Congo possiamo dire che una parte della società civile è comprata dal potere e parla il suo stesso linguaggio. Poi c’è qualche piattaforma di organizzazioni che riesce ad andare avanti, ma è de- bole e con il clima di terrore che regna nel paese non riescono a fare grandi cose. Quindi è allo stesso tempo indebolita o asser- vita al potere. E un paese non può svilupparsi con una società civile di questo tipo. Posso dire che tra noi c’è collabo- razione, perché con certe piat- taforme riusciamo a comunicare e anche a collaborare. Parlo ad esempio della fondazione Ebina, che fa parte delle Ful-d (Forze unite per la libertà e la democra- zia), dell’Ocdh e dell’Associazione per la promozione della cultura, la pace e la nonviolenza». Siete in una rete internazio- nale? «Abbiamo collegamenti con mo- vimenti di cittadinanza attiva come il nostro in altri paesi afri- cani. Con le tecnologie di oggi possiamo comunicare regolar- Dopo gli arresti del 2015 avete avuto altri problemi con le au- torità? «Due mesi dopo la marcia è stato arrestato un altro nostro mili- tante, Andy Bemba, che è stato rilasciato solo a fine agosto. Ha passato otto mesi senza pro- cesso, poi è stato liberato anche grazie a delle pressioni nazionali e internazionali. Recentemente, non più tardi di qualche giorno fa, (20 ottobre) abbiamo ancora su- bito attacchi al nostro movi- mento, con minacce di arresto per Franck Nzila, un altro mili- tante. Sono andati al suo risto- rante, hanno arrestato il suo cuoco perché lui non c’era e poi lo hanno liberato dopo 5 giorni di detenzione. È stato poi liberato con l’aiuto dell’Ocdh (Organizza- zione congolese per i diritti umani, ndr )». Poi ci sono state le elezioni pre- sidenziali anticipate. «La posizione di Ral-le-bol era quella di rimandare le elezioni, perché secondo noi non c’erano le condizioni affinché si tenessero consultazioni libere, trasparenti e rispettose di tutte le regole de- mocratiche. Abbiamo pubblicato un comunicato su questo, ma il potere, che si manifesta sempre © AFP / Laudes Martial Mbon CONGO BRAZZAVILLE A destra: 27 settembre 2015, un mani- festante anti referendummostra un cartello nel quale si gioca con il nome del presidente e il termine francese ça suffit (basta). #
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