Missioni Consolata - Dicembre 2016

MC ARTICOLI DICEMBRE 2016 MC 61 andando in una zona così perico- losa. Ma lui non si perde d’animo, nonostante sia stato minacciato più volte dal capo locale dei Ba- bila: «Questo gruppo è contrario al progetto per varie ragioni», ci dice padre Antonio. «La più im- portante è razziale. I pigmei non sono considerati uomini e la loro etnia non viene riconosciuta a li- vello ufficiale. Questo accade da sempre, sin da prima del coloniali- smo. Poi con Mobuto la situa- zione è peggiorata. I pigmei du- rante il mobutismo venivano co- stretti a sposarsi e a mescolarsi con le altre etnie, per far sì che, progressivamente, la loro scom- parisse. Ma la discriminazione verso i pigmei la si può vedere an- che in coloro che apparente- mente fanno del bene. Per esem- pio, chi va in Africa con l’idea che si debba “civilizzare” gli africani è spinto da un principio razzista, a scopo di bene, certo, ma è comunque mosso da atteggia- menti paternalistici e di superiorità. Tante volte, quando faccio notare questa sub- dola forma di razzi- smo, mi si obietta: “Ma come? Tu non civilizzi quella gente”? E io immancabilmente rispondo che “No, io mi sono fatto civilizzare dai pigmei, perché ho imparato il rispetto delle culture proprio stando con loro”». A padre Antonio e a suo fratello le autorità non hanno concesso una scorta per la protezione nei loro spostamenti. «Noi abbiamo richie- sto la scorta a Beni - ricorda padre Antonio - e ci hanno risposto che dovevamo rivolgerci agli uffici della sicurezza di Kinshasa. I fun- zionari a Kinshasa ci hanno detto che dovevamo munirci di determi- nati documenti. E così è iniziato il girone infinito della burocrazia congolese. Rimane il fatto che non abbiamo ancora la scorta. Negli ul- timi anni, anche da parte dell’Onu non ho trovato appoggi. Solo al- cuni amici locali ci aiutano». Nonostante la mancanza di sicu- rezza, padre Antonio, in Italia per vacanza “forzata”, sta già pianifi- cando il ritorno nel Nord Kivu. «È da tempo che non riesco a rag- giungere la mia missione a causa dei massacri. Sono stato costretto più volte a fermarmi a Mangina, perché la strada era taglieggiata dai soldati e dai banditi. Anche se cammino col bastone devo tor- nare. I pigmei mi aspettano, hanno bisogno che continui la mia opera». Silvia C. Turrin A RCHIVIO MC Abbiamo parlato di pigmei in: Marco Bello, Echi dalla foresta , ottobre 2012. Nel 2015 sono dovuto fuggire con mio fratello, perché i gruppi ribelli erano arrivati vicino a casa nostra. Nella missione a Etabe, in piena foresta, non possiamo più andare perché è circondata da milizie. A Mangina (località a 65 km dalla missione, ndr ) sono state saccheg- giate numerose case. Il parroco locale ci aveva esortato ad andar- cene. Anche lui è stato costretto a scappare. A Beni vengono am- mazzate in media due persone al giorno. L’Onu è un semplice osser- vatore. I caschi blu distribuisce la carità. Non intervengono. Si spo- stano protetti nei loro fuori- strada». Voglia di continuare Tante amici in Italia hanno implo- rato padre Antonio di abbandonare il progetto, di non rischiare più © Flavio Pante © Flavio Pante

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