Missioni Consolata - Dicembre 2016
DICEMBRE 2016 MC 47 DOSSIER MC DROGHE E TOSSICODIPENDENZA I piccoli spacciatori sono reclutati soprattutto tra gli immigrati. Come si può affrontare que- sto problema? «Certamente non solo tra gli immigrati. Secondo la mia osservazione molti dei consumatori (italiani) sono a loro volta piccoli spacciatori… Nella mia co- operativa stiamo facendo un’esperienza davvero entusiasmante nell’accoglienza degli immigrati e dei profughi giovani (e anche minori). Questi ra- gazzi hanno tantissimo da insegnarci e da darci. Siamo riusciti a recuperare molte terre abbando- nate (in pianura e in collina) e a costruire un’unità produttiva agricola che con i soli italiani mai avremmo potuto fare. È un esempio molto concreto che l’abuso si batte con la creatività e il lavoro. Non basta certo l’informazione e neppure la terapia. Ci vuole il protagonismo attraverso il lavoro». Ci parli del percorso di recupero dei tossicodi- pendenti ospitati nella sua Comunità. «Da due anni sto sviluppando un sistema di cura attraverso l’agricoltura sociale. Ho chiamato que- sto percorso terapeutico “agricura”». I «costi» della tossicodipendenza vengono pa- gati non soltanto dai consumatori, ma anche dalle loro famiglie e dallo Stato (in termini di spesa sanitaria, di sicurezza, eccetera). Che fare? «Tocca alle istituzioni e alle famiglie organizzate (per esempio attraverso le “scuole dei genitori” un’attività di educazione degli adulti nelle scuole pubbliche) invertire esattamente il processo. I gio- vani devono accorgersi che gli adulti li stanno aspettando e credono nelle loro possibilità. Il pro- blema drammatico di oggi è l’inazione dei giovani, la perdita del loro contributo. Le droghe sono solo una falsa soluzione, umiliante perché illusoria. I giovani hanno diritto di trovare ben altro nelle piazze, nelle strade, nelle discoteche… delle loro città». Il mercato della droga costituisce un business globale ad altissima redditività anche a causa del proibizionismo. Da tempo, in Italia, si litiga attorno alla legalizzazione della cannabis. Che pensa al riguardo? «Non voglio negare valore a questo dibattito che ha le sue ragioni. Io stesso ho partecipato in più occa- sioni a questa ricerca. Personalmente però percorro un’altra strada: incidere non sull’offerta ma sulla do- manda di sostituti artificiali del desiderio e del pia- cere di vivere. Nessun piacere artificiale potrà mai competere con la soddisfazione di avere un posto e una missione nella società, con la felicità di avere degli amici e delle persone affidabili attorno a sé». Paolo Moiola arco dell’età evolutiva dove massimo può essere l’apporto dell’innovazione e della creatività in tutti gli ambiti. Il danno più grave delle droghe consiste quindi nel bloccare il rinnovamento della società che avviene, da sempre, attraverso il contributo delle giovani generazioni che sono il presente e il futuro della collettività». Come lei ha ricordato, pare che un tempo si parlassemolto di più di tossicodipendenza. Sono diminuiti coloro che fanno uso di droghe o è cambiata la società? «Non sono diminuiti gli assuntori. Sono se mai cre- sciute le condizioni di sicurezza verso i danni im- mediati alla salute e questo è un gran bene. Quella che è cambiata di più è la società che sta vivendo da un po’ di anni una drammatica caduta della spe- ranza. Si crede sempre meno nel progetto di cam- biarla. Anziché modificare le ingiustizie e le condi- zioni che ci rendono inumani si preferisce modifi- care il modo con cui ci percepiamo. Siamo al più grave stadio del narcisismo: la modificazione artifi- ciale dello stato mentale al posto del sano piacere di trasformare il mondo». In base alla sua esperienza, quali sono le dro- ghe più pericolose? In questi anni c’è stata una loromoltiplicazione? «Le droghe sono tanto più nocive quanto più bloc- cano la creatività e rendono passivi e abulici i gio- vani. Il danno quindi è soggettivo e non misurabile chimicamente, essendo il vero problema un impo- verimento umano (quindi etico) e non solo un ri- schio sanitario. C’è stata, a mio modo di vedere, una moltiplicazione e, insieme, una buona capacità di “gestirne” il rischio per la salute. Apparente- mente quindi va tutto bene: si muore molto meno per overdose ». La domanda di droga è trasversale alle classi sociali. C’è un substrato psicologico comune, secondo lei? «Nelle tossicomanie c’è sempre un problema di sa- lute mentale o di pesanti condizionamenti psicolo- gici. I tossicomani dovrebbero quindi sempre es- sere curati e mai abbandonati. Con i tagli sanitari e la perdita della speranza oggi invece è forte la ten- tazione dell’abbandono. Le tossicomanie riguar- dano però, fortunatamente, solo una parte assolu- tamente minoritaria della popolazione. Il grosso del consumo riguarda l’abuso e la tossicodipendenza. Qui i numeri sono alti, anche tra gli adolescenti. Qui si colloca il vero danno umano e sociale». Sito della Cooperativa: • www.terramiaonlus.org © Archivio Terra Mia
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