Missioni Consolata - Dicembre 2016

MC RUBRICHE I giubilei tra le due guerre, tra fascismi e concordati Il sec. XX, «secolo breve»», il più secolarizzato e scri- stianizzato della storia, annovera il più gran numero di giubilei della storia, segno che questo istituto era di- ventato strumento ordinario di governo della Chiesa. A seconda di come si considerano alcuni giubilei, se ne contano quattro «normali» (1900, 1925, 1950 e 1975), cui bisogna aggiungerne altri di vario genere: uno for- malmente per il 50° anniversario di ordinazione sacer- dotale del papa stesso (1929), di fatto per celebrare la firma dei Patti Lateranensi con cui si pose fine alla «questione romana», aperta con l’unità d’Italia che tolse al Papa il potere temporale del regno pontificio; due della Redenzione (1933 e 1983) e addirittura due «mariani» (1954 e 1988), più uno per la gioventù (14- 15 aprile 1984). Il giubileo del 1925 si svolse dopo la fine della 1ª guerra mondiale, «l’inutile strage», come ebbe a definirla il papa genovese, Benedetto XIV, mentre la rivoluzione russa di Lenin (1918) scalzava lo zar e instaurava il co- munismo, ateo per ideologia. In Italia Mussolini si as- sunse la paternità dell’omicidio di Giacomo Matteotti e concentrò su di sé il potere dittatoriale d’Italia (3 gen- naio). In Germania iniziava l’ascesa di Hitler. Pio XI, per contrastare l’illusione di un’antropologia politica fina- lizzata a istaurare una religione civile, istituì la festa di Cristo Re che ebbe grande successo in Europa, dando impulso a uno spirito missionario non solo in terra di missione, ma anche a Roma, in Italia, in Europa e in Oc- cidente. L’emblema di questo spirito fu la canonizza- zione di Teresina di Lisieux, proclamata patrona delle missioni perché, pur senza mai spostarsi dal suo Car- melo, visse col desiderio di dare la propria vita alle mis- sioni, e quella del Curato d’Ars, Giovanni Maria Vian- ney, proclamato patrono del clero. La manifestazione più simbolica fu la Mostra Missionaria Mondiale, quasi una «Expo della fede» (A. Melloni), cui collaborò anche il giovane prete Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Gio- vanni XXIII, al tempo responsabile dell’Opera Missiona- ria Italiana. Durante il giubileo, la casa regnante dei Sa- voia sospese tutte le feste e i ricevimenti, lo stesso fe- cero gli uffici diplomatici e la nobiltà romana. Il carne- vale fu rimandato, la logistica e l’accoglienza dei pelle- grini che giungevano da tutto il mondo furono facilitati e favoriti, quasi a tendere una mano al Vaticano. Segni, come in un linguaggio cifrato, d’intese segrete che por- teranno alla firma sia del Trattato sia del Concordato del 1929, con cui il papa cessava di rivendicare il potere temporale, ormai inutile, e si accontentava di quello morale e spirituale che avevano accresciuto la sua sta- tura anche politica non solo in Italia. Tutto con un risar- cimento in obbligazioni della stato italiano e la nascita del nuovo stato «Città del Vaticano». Il papa usciva pu- rificato dall’avere perduto un regno di questo mondo che non gli apparteneva, e risultava ancora più forte e potente perché, libero da qualsiasi condizionamento, diventò figura sempre più simbolica e per questo po- tentemente condizionante anche sul piano politico, come la storia dell’ultimo secolo ha ampiamente dimo- strato fino all’avvento del papa argentino, Francesco. Il giubileo dell’onnipotenza senza regno Il 1950 fu il giubileo della fine della seconda guerra mondiale, dell’inizio della «guerra fredda» con la con- seguente divisione del mondo in due zone - Occi- dente/Usa e Oriente/comunismo - e della ricostru- zione dell’Italia del dopo guerra. Al governo vi erano uomini cattolici indiscussi, come Alcide De Gasperi, e Roma ebbe un nuovo imperatore , papa Pio XII, che si offrì come unica autorità morale e politica che di fatto condizionò il parlamento italiano, il governo, l’econo- mia e il paese, attraverso il cosiddetto «partito catto- lico» della Democrazia Cristiana, erede del più laico e sano «Partito Popolare» di don Luigi Sturzo. Sul piano religioso, Pio XII fu un faraone che, dall’alto della sua sedia gestatoria imperiale, dominava non una Chiesa, ma una cristianità rigorosamente separata in clero e laicato, con quest’ultimo sottomesso al primo. Con l’escamotage della formazione delle coscienze, il clero sottomise i laici che erano sempre e solo «chiesa ob- bediente e ossequiente». Pio XII non fu scevro da una componente psicologica narcisistica, sfociata nel culto della personalità che lo portò a isolarsi e a diventare diffidente tanto da assommare in sé anche le funzioni subalterne, fino al punto di non nominare neppure il Segretario di stato, ruolo delicato e importante che ri- servò per sé, limitandosi ad avere due «sostituti» nelle persone di Domenico Tardini e Giovanni Battista Montini, il primo Segretario di stato di Giovanni XXIII e il secondo futuro Paolo VI. Durante il corso del giubileo ci furono tre eventi, at- tentamente studiati e programmati da Pio XII nel con- testo della sua politica. 1. La beatificazione di Maria Goretti (24 giugno), una ragazzina che lottò contro il suo assassino per difen- dere la propria verginità, proclamata modello della gioventù del nuovo secolo, contro il rilassamento ge- nerale dei costumi che il dopo-guerra e la cultura sta- tunitense avevano diffuso. # Papa Pio XII nel 1939. | Pagina seguente : papa Paolo VI.

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