Missioni Consolata - Dicembre 2016

MIGRAZIONI 24 MC DICEMBRE 2016 Intervista a MalekWannous, rifugiato a Chiusi Un posto dove andare Giornalista e scrittore freelance siriano, MalekWannous è originario di Tartous, città portuale di 150mila abitanti, affacciata sul Mediterraneo. Vive a Chiusi dal 2014, con la sua famiglia. Ha tradotto in arabo il libro di Vittorio Arrigoni «Gaza. Restiamo Umani» . Quando ha cominciato a sentirsi in pericolo, e quando ha deciso di partire? «Appena iniziata la guerra ho sentito che non ero al sicuro. O che non lo sarei stato nei giorni e nei mesi successivi. Non ho pensato subito di lasciare il paese, perché avevo lavoro, casa, famiglia, e speravo che la guerra sarebbe finita presto. Ma erano speranze vane. Dopo tre anni di guerra, ho iniziato a cercare un modo per andarmene». Come ha saputo dell’esistenza di Icorn? «Me ne avevano parlato degli amici. Ero a conoscenza delle vicende di alcuni scrittori che erano stati aiutati da Icorn. Ho presentato domanda, ho aspettato l’esito e infine sono potuto partire per approdare in questo posto sicuro». Come si è svolto il vostro viaggio fino a Chiusi? «Da Tartous siamo partiti per il Libano, e da lì ab- biamo preso un volo diretto, da Beirut a Roma. È an- dato tutto liscio, per me, per mia moglie che era in- cinta, e per mia figlia. Ma, allo stesso tempo, è stato molto difficile lasciare il nostro paese. Quando siamo arrivati a Roma faceva caldissimo, più caldo che da noi. Ho comprato il biglietto del treno per Chiusi e per la prima volta in vita mia ho usato una macchinetta automatica! Da noi i treni sono molto vecchi, non li rinnovano da anni, e per viaggiare usiamo soltanto i pullman. Alla stazione di Chiusi ci aspettava Marco Socciarelli, di Icorn, con sua moglie e sua figlia. Ci hanno accompagnato loro alla nostra nuova casa». Qual è l’ultima immagine che ha della Siria, e il suo primo ricordo all’arrivo in Italia? «L’ultima immagine sono le persone. Vedevo la gente camminare, andare al lavoro, dal medico, o a fare spese. Tutti sapevano che il loro futuro era incerto, o molto oscuro. Quando siamo arrivati, ho pensato a mia madre, alla mia famiglia, ai volti delle persone che ho lasciato in Siria. Ho pensato perfino alle strade su cui camminavo ogni giorno, per andare al lavoro o per fare sport». Com’è la vostra esperienza a Chiusi? Come riesce a lavorare da qui? «Inizialmente è stata dura, perché non conoscevamo la lingua. Gli unici amici che avevamo erano Marco e la sua famiglia. Ci hanno aiutati in tutte le esigenze pratiche: la burocrazia per il permesso di soggiorno, l’assistenza sanitaria, l’iscrizione a scuola di mia figlia. Pian piano abbiamo fatto amicizia con i vicini, con le famiglie delle compagne di scuola, e abbiamo comin- ciato a uscire per una pizza, o una gita al lago. Il lavoro lo faccio a distanza: articoli e analisi poli- tiche che trasmetto ai giornali via email, e di tanto in tanto qualche traduzione». Che rapporti avete con la vostra ospite, Ma- ria Pace Ottieri? «Maria Pace e suo figlio ci hanno telefonato subito al nostro arrivo. Poi sono venuti a incon- trarci, e ci hanno invitato nella loro casa di Mi- lano. Siamo amici, e quando lei o suo figlio ven- gono a Chiusi passiamo ore insieme, a discutere di politica e di letteratura. Maria Pace è conosciuta per la sua generosità. Ci ha offerto la sua casa, come aveva fatto in precedenza per altri scrittori». # Malek Wannous, giornalista e scrittore siriano. © Malek Wannous

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