Missioni Consolata - Novembre 2016

40 MC NOVEMBRE 2016 canti, paramilitari e politici, nonché legami della guerriglia con il businness della droga. Anche se l’accordo bocciato il 2 ottobre non garan- tiva che le grandi e storiche diseguaglianze ed esclu- sioni si sarebbero risolte, esso avrebbe permesso di aprire finestre di speranza attorno a tematiche cru- ciali come: la fine del conflitto armato e delle Farc come organizzazione armata illegale, la riforma ru- rale integrale, l’ampliamento della partecipazione politica, la sostituzione delle coltivazioni illecite con altre lecite, un sistema di verità, giustizia, ripara- zione e non ripetizione per le vittime. La base di partenza: conoscere l’Accordo A favore del «sì» si erano schierati: il governo e la coalizione Unidad nacional (di cui fanno parte par- titi tradizionali e nuovi che godono di un’ampia maggioranza nel Congresso), i partiti di sinistra e altri partiti alternativi, nonché alcune organizza- zioni sociali di base di varia natura. Dalla parte del «no» si erano invece schierati i settori che rappre- sentano la frangia più conservatrice del paese e la destra. Nel dibattito politico, i rappresentanti che capeggiavano i due schieramenti hanno assunto posizioni drasticamente polarizzate, generando confusione e disinformazione nella popolazione. Nel mezzo di uno scenario di attacchi e contrattac- chi era difficile mantenere la calma senza lasciarsi prendere dalla febbre del momento. Esistono uo- mini e gruppi moderati e conciliatori - tra essi la Chiesa cattolica - che hanno promosso il dibattito e la discussione civile a partire dalla conoscenza delle 297 pagine dell’Accordo. Un compito questo né piacevole né facile: occorreva (e occorre) avere pazienza e umilità per indagare, domandare e par- tecipare. Gli aiuti pedagogici elaborati da soggetti distinti - organizzazioni popolari, della Chiesa, delle istituzioni nazionali e internazionali, dello stesso governo - hanno permesso a una parte della popo- lazione con un basso livello di scolarità di fare pro- pria una certa prospettiva storica alla luce del pas- sato, del presente e del futuro. Lo smisurato sforzo dei negoziatori Partendo dalla mia esperienza missionaria tra le comunità che più hanno sofferto il conflitto armato e le sue conseguenze, con i lettori della rivista vor- rei condividere alcune riflessioni personali. Al di là del risultato referendario, è evidente che il processo di negoziazione e il fatto di aver raggiunto un accordo che ha sancito la fine del conflitto e ha fissato i paletti per una pace stabile e duratura hanno rappresento una crescita umana, sociale e culturale. Voler terminare un conflitto armato della vastità - 8 milioni di vittime, tra cui 224 mila morti e 7 milioni di sfollati - di quello colombiano attraverso il dialogo ha richiesto un alto grado di volontà e di razionalità politica in favore del valore più prezioso che è il rispetto della vita e il diritto fondamentale a vivere in pace. Va pertanto elogiato l’immane sforzo dei negoziatori del governo e della guerriglia durante questi quattro anni. La guerriglia delle Farc si è impegnata a lasciare le armi per la politica. Mai prima, in più di 52 anni di lotta armata, dopo vari tentativi di negoziazione (soprattutto sotto la presidenza Pastrana, ndr ) e nonostante avesse subito dure sconfitte, la guerri- glia aveva accettato di sottomettersi alla Costitu- zione e alla legge. Questo è stato un risultato fonda- mentale ottenuto dal negoziato e, ancora prima di questo, dai successi delle forze armate colombiane, capaci di infliggere perdite considerevoli alla guer- riglia (culminate nel novembre 2011 con l’uccisione di Alfonso Cano, comandante in capo delle Farc, ndr ). Detto questo, le Farc, in quanto organizza- zione politico-militare, mai hanno perso la loro ca- pacità di destabilizzare lo stato, così come di con- trollare e influenzare una parte consistente del ter- ritorio nazionale. Per questi motivi e alla luce di non essere state sconfitte, al fine di contribuire alla pace esse hanno convenuto «l’abbandono volonta- rio delle armi». Dalle armi alla partecipazione politica? Tralasciando gli imprevedibili effetti del «no» del 2 ottobre, secondo l’Accordo tutti i membri delle Farc dovrebbero essere raggruppati in 23 cosiddette «zone transitorie di normalizzazione», disseminate in vari municipi del paese, e in 8 accampamenti per i comandanti. In questi luoghi si dovrebbe realiz- zare il processo di abbandono delle armi, che ri- marranno nelle mani dell’Onu. Dopo 6 mesi, una volta formalizzata la situazione dei guerriglieri, si dovrebbe dare inizio al processo giudiziario dei suoi membri attraverso la «Giurisdizione speciale per la pace». In materia di partecipazione politica, le Farc do- vrebbero avere fino al 2018 tre rappresentanti alla Camera e tre al Senato con diritto di parola ma non Qui sopra: giovani militari dell’esercito colombiano. © Giacinto Franzoi

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