Missioni Consolata - Novembre 2016
I soldi non si mangiano «Quando rientrai in Burkina dal Mali, dopo aver frequentato la scuola coranica, iniziai un com- mercio. Conoscevo la meccanica delle moto. Il lavoro andava bene, e i soldi non mi mancavano» ci racconta Yacouba. È la fine degli anni ’70. Poi iniziano i problemi. «Dopo qualche tempo, a causa della grande siccità, la gente ini- ziava ad andarsene dal Nord per cercare zone in cui poteva trovare da mangiare. Anche io sono an- dato a lavorare in Costa d’Avorio, ma sono tornato dopo poco tempo». Yacouba prende una de- cisione, quella di seguire la strada più dura: lavorare la terra. «Quando ho cominciato, non c’era acqua, per cui non solo non si po- teva coltivare, ma anche gli ani- mali morivano perché non c’era pascolo. Ho osservato che anche quelli che avevano i soldi, non ave- vano nulla da comprare. Ho visto commercianti più ricchi di me, che se ne andavano». Yacouba com- prende una semplice ma essen- ziale verità: «In quel periodo ho capito che né i soldi, né la ric- chezza delle mandrie dominano il mondo, ma è il cibo la chiave della vita». Così decide: «Invece di scap- pare, attaccherò il problema». Yacouba conosce una tecnica an- cestrale, che a quelle latitudini ha permesso ai contadini di sopravvi- vere. Si chiama «Zai» e consiste nello scavare nel terreno delle conchette di una ventina di centi- metri di diametro, una accanto all’altra, allineate secondo la pen- denza del terreno. In esse si depo- sitano i semi. Le conchette, tal- volta riempite di concime, hanno l’effetto di trattenere l’acqua, che le piogge torrenziali e il terreno secco tendono a far scorrere velo- cemente a valle, non penetrando nel suolo e, anzi, erodendolo. Il nostro uomo si ingegna e modi- fica la tecnica dello Zai tradizionale BURKINA FASO Negli ultimi 50 anni la zona ha continuato a deteriorarsi: sono di- minuiti gli alberi e gli arbusti, men- tre lo strato di terra organica colti- vabile si è assottigliato. Un feno- meno causato dall’erosione delle violente piogge, concentrate in poche settimane, ma anche dalla pressione umana (taglio degli al- beri e pastorizia) e, a livello più globale, dal cambiamento clima- tico e diminuzione delle piogge. È come dire che il deserto del Sahara si è impossessato di una striscia mediamente di 100 km, e la banda saheliana si è spostata della stessa distanza verso Sud. Per questo motivo si dice che il Sahara si estende verso il Sud. A Ouahigouya la pioggia è scarsa e cade in un unico periodo del- l’anno, tra giugno e settembre. È in questi mesi che i contadini colti- vano il miglio e il sorgo, i cui semi, stoccati in magazzini tradizionali, dovranno nutrire le loro famiglie per l’intero anno successivo. Sem- pre più accade che le precipita- zioni siano scarse e irregolari per cui le piantine non riescono a svi- lupparsi e le pannocchie ad arri- vare a maturazione. È in questo contesto che periodi- camente si verificano fenomeni di siccità e carestia. Ed è proprio du- rante la grande carestia agli inizi degli anni ’80 (1980-83) che inizia la storia di Yacouba Sawadogo. migliorandola. Modifica la zappa utilizzata per scavare le conchette e le scava più grandi e profonde. Fa poi in modo di porvi sempre del concime organico e talvolta altri elementi, come le termiti. All’inizio è dura: «Ho cominciato da solo sulla mia terra. Quando ho visto che le migliorie funzionavano e riuscivo a produrre miglio e sorgo, ho coinvolto mia moglie e i miei figli. Poi si sono aggiunti i vi- cini. Siamo arrivati a un lavoro co- munitario». Proprio il lavoro comunitario ha un’importanza fondamentale per Yacouba: «Apporta molte cono- scenze a tutti quelli che vi parteci- pano e aiuta molto il proprietario del campo. È un lavoro che coin- volge anche i più riluttanti che ve- dono che gli altri lavorano in- sieme, e imparano. Inoltre es- sendo in tanti si può fare un lavoro più efficace tutti insieme». Yacouba ha coinvolto anche vil- laggi dei dintorni e ha realizzato una specie di credito in natura. A chi lo aiuta fornisce parte dei suoi semi. Questi li utlizzano per colti- vare e poi, a loro volta, rende- renno a Yacouba parte dei semi raccolti. Un’oasi di biodiversità Ma Yacouba non si ferma all’agri- coltura di sostentamento e inizia a portare semi di diverse piante nel suo campo. Arriva così a svilup- pare, in quasi 40 anni di lavoro continuativo, una vera foresta in una zona altamente desertificata. La foresta di Gourga, su una su- perficie di 23,5 ettari, è un pol- mone a elevata biodiversità. «All’inizio nacquero delle piante spontaneamente perché nel le- tame usato come concime c’erano
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=