Missioni Consolata - Ottobre 2016
timi anni hanno comincia- to a rifiutare lo status quo. Spero di poter tornare a raccontare presto queste trasformazioni in un pae- se così complesso e affa- scinante come l’India. La ringrazio ancora per la sua email e le porgo i miei più cordiali saluti. Gianluca Iazzolino 08/08/2016 Caro Gianluca, la ringrazio per la sua pronta e cortese rispo- sta. Sono i reportage co- me il vostro che scuoto- no e fanno progredire le coscienze. Denunciare all’opinione pubblica è già un modo per combat- tere quelle pratiche rac- capriccianti, che rovina- no tante vite. Perciò spe- ro e le auguro che Missioni Consolata ed al- tre pubblicazioni possa- no far conoscere al mag- gior numero di persone quelli e altri soprusi che affliggono tanti nostri fratelli. Si legge ad e- sempio in internet che per i membri delle caste superiori stuprare una dalit non è immorale, an- zi, purifica la vittima, però mi piacerebbe sa- perne di più da fonti cer- te. Le porgo i più cordiali saluti. Dott. Carlo Carniato Mestre (Ve), 08/08/2016 DI MIGRANTI E DI IUS SOLI Carissimo padre Gigi, dopo aver letto il numero di luglio di MC non posso fare a meno di scriverLe ancora una volta. La pre- messa è sempre la stes- sa: non sono interessato alla polemica ma sem- plicemente alla discus- sione. Riguardo all’articolo «Ri- sorse migranti»: lodevo- le l’iniziativa Coro Moro, spero di avere occasione di ascoltarli (ormai Gipo non c’è più, le canzoni nella mia lingua sono difficili da ascoltare). Ma siamo sicuri che tutti i tacchi ai migranti che vi- vrebbero a spese nostre in hotel di lusso mentre i poveri terremotati batto- no i denti al freddo, dimo- strano quanto si parli e straparli per sentito dire deformando dati che sono facilmente verificabili, u- sando la menzogna senza alcun pudore. Certo l’Onu dovrebbe po- ter fare molto di più per prevenire le cause di tutte le migrazioni e non sol- tanto intervenire, come sta facendo in molti luoghi del mondo con grande competenza e professio- nalità, per gestire gli im- mensi campi dei rifugiati. CREARE PONTI Caro padre Gigi, in riferimento all’edito- riale di giugno è vero che i bambini creano sponta- neamente dei ponti; sono degli «ingegneri» e degli «architetti» che non solo con i pezzi del Lego o con altri materiali giocano cercando di risolvere i problemi della staticità delle costruzioni con il vuoto sotto e gli appoggi distanziati, ma con faci- lità intraprendono legami interpersonali. La mia e- sperienza, tuttavia, mi suggerisce che se da un lato i bambini sono favo- riti nella formazione di relazioni che includano, dall’altro lo fanno se tro- vano un contesto di adulti che li sostengano in tale percorso, con motivazioni e facilitazioni, in quanto i bambini sono anche i pri- mi a cogliere differenze di vario genere. Creare ponti è quindi complesso a tutte le età in quanto le valutazioni, le conoscen- ze e l’esercizio della vo- lontà implicati costitui- scono un elevato investi- mento di energie. Negli ambiti in cui sono impe- gnata, familiare, pedago- gico, giudiziario e della disabilità, è necessario creare ponti ininterrotta- mente per prevenire, per quanto possibile, conflitti, conclusioni sommarie ed esclusioni. Mi rendo con- to però che non sono in gioco solo le differenze che si possono cogliere nell’immediatezza, quali, ad esempio, il ritardo co- gnitivo o il colore diverso della pelle, ma anche le idee e i meriti, ossia i va- lori di verità e di giustizia oltre ai diritti e agli inte- ressi. Tali ponti doman- dano perciò volontà, ma- nutenzione, ristruttura- zione e, se necessario, abbattimento e ricostru- zione; tutto ciò richiede non solo ingegneria ed architettura ma anche e- roismo ed incessante preghiera per non essere soli nell’edificazione. Milva Capoia 08/07/2016 VALMIKI Egregio signor Iazzolino, innanzitutto la ringrazio di cuore. Nel marzo scorso ho trovato in chie- sa una copia di MC e so- no rimasto molto scosso dal suo articolo «A mani nude». Non riesco a to- gliermi dalla testa le realtà che lei descrive, riportando anche testi- monianze dirette. Così la ringrazio e la stimo per- ché a mio avviso è molto importante far conosce- re tali realtà in cui vivono tanti nostri fratelli. Mi sono subito abbonato al- la rivista, che leggo vo- lentieri ogni mese. Ho vi- sto in internet delle foto di Valmiki con le ceste di vimini e le scopette, ma mi permetterei di chie- derle, se può confermar- mi che talvolta i ma- nual scavengers usano addirittura le mani nude, senza scopetta (art. cit., p. 10) o se per caso non si tratta di un errore di stampa! O se per caso lei ha addirittura visto coi suoi occhi una cosa simi- le. La ringrazio in antici- po per la sua attenzione e resto in attesa di una sua cortese risposta. Cordiali saluti, in Cristo. Dott. Carlo Carniato Mestre (Ve), 05/08/2016 Gentile dott. Carlo, la ringrazio profonda- mente per la sua email, che mi è stata inoltrata dalla redazione. Sono missive come la sua che danno un senso a quel che facciamo a Missioni Consolata. Con il nostro reportage dall’India, la mia collega fotografa Eloisa D’Orsi e il sotto- scritto abbiamo provato a trasmettere l’intensità di un’esperienza che pure, ci rendiamo conto, abbiamo colto solo a un livello su- perficiale. La realtà dei Dalit, e dei raccoglitori manuali, è viva e pulsan- te, nelle grandi città india- ne e ancora di più nelle a- ree rurali più remote, do- ve violenze e abusi sono all’ordine del giorno. Per rispondere alla sua do- manda, una delle donne da noi intervistate ci ha raccontato della scopetta che oggi usa come di una conquista, realizzata an- che grazie all’organizza- zione che citiamo nel te- sto, e che sta facendo un ottimo lavoro per portare il tema al centro del dibat- tito politico. Personalmente, ritengo che sia utile vedere que- sta situazione di violenza strutturale attraverso la lente di rapporti di potere consolidati nel tempo, e che oggi, alla luce di cam- biamenti sociali ed econo- mici epocali che l’India sta vivendo, sta provocando il colpo di coda delle caste più alte. È una realtà che sta vivendo delle trasfor- mazioni drammatiche e, nonostante la violenza che la resistenza a queste trasformazioni sta susci- tando, un numero cre- scente di Dalit sta acqui- sendo consapevolezza dei propri diritti. Non è sicu- ramente un processo li- neare, e le trasformazioni in senso neoliberista dell’economia indiana ri- schiano di cambiare solo la forma, ma non la so- stanza, della marginalità Dalit. Ma abbiamo cono- sciuto molti attivisti e per- sone comuni che negli ul- 6 MC OTTOBRE 2016 redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com
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