Missioni Consolata - Ottobre 2016
44 MC OTTOBRE 2016 I L COMMENTO I DENTITÀ CERCASI C redo sia ormai chiaro a tutti che ci troviamo in un’epoca in cui la Chiesa in Europa si pone come una realtà tra le tante, non più come la realtà predominante tra tante piccole realtà religiose (e non): basta osservare l’attuale composizione delle assemblee nelle nostre parroc- chie. È vero che vi è ancora un significativo senso di appartenenza alla Chiesa, almeno in Italia, ma è al- trettanto vero che è debole la coscienza di cosa sia realmente la Chiesa; per esempio molti chiedono ancora i sacramenti per i propri figli - e qui si esprime un certo senso di appartenenza - ma questi stessi non hanno più chiaro cosa sia la Chiesa. Ci si potrebbe chiedere: ma è necessario essere coscien- temente cristiani per essere in grado di incontrare il diverso? A questa domanda rispondo con un’altra domanda: ma quale altra personalità è riuscita a produrre la cultura non cristiana? Mi pare che l’uomo europeo da una parte rifiuti di riconoscersi cristiano o ne ha una coscienza debole, dall'altra non ha più un volto: non sa più chi è. Questa non co- scienza di ciò che si è genera confusione nel rap- porto con l’altro: più non sai chi sei, più l’altro ti fa paura . S olo dove ci sono luoghi, anche con numeri esigui, dove si ha chiara quale sia la ragion d’essere della Chiesa e quindi della propria personale vocazione - quindi i ragazzi sco- prono che la vita ha uno scopo - , si sta ricomin- ciando a costruire. Gli oratori nelle nostre città spesso sono dei luoghi dove ciò accade, nel silenzio più totale dei mass media ma tra la gratitudine delle famiglie. Solo un’identità chiara consente di guardare all’altro non come un problema ma come un'occasione an- che per approfondire la propria identità. Da quando nasciamo, anzi già dal grembo materno, noi sco- priamo chi siamo in rapporto con qualcuno che è altro da noi: fin dall'inizio della vita l'altro non è un problema ma un'occasione. Con queste premesse non può fare paura avere tra i ragazzi dell'oratorio alcuni mus- sulmani: loro sanno di essere accolti dalla Chiesa e nessuno, né noi né loro, deve ri- nunciare alla propria identità o annacquarla. È un’arricchimento reciproco che costringe ad approfondire la propria identità e fa scoprire che l'altro è una risorsa per ciascuno. don Andrea Plumari parrocchia San Michele Arcangelo in Precotto, oratorio San Filippo Neri, Milano valore aggiunto di offrire ai ragazzi la possibilità di stare anche con ragazzi italiani. Il caso della comu- nità filippina, da questo punto di vista, è emblema- tico: i filippini, infatti, tendono a fare gruppo a sé e si concentrano soprattutto nelle cappellanie dove celebrano la messa nella propria lingua. Genitori stranieri: un coinvolgimento ancora limitato Nonostante all’oratorio ci siano possibilità di incon- tro non solo tra i ragazzi, ma anche tra le famiglie, i genitori dei ragazzi stranieri sembrano relazionarsi maggiormente con i connazionali o con altri stra- nieri e meno con i genitori italiani, partecipando poco alle occasioni di festa e agli incontri dedicati ai genitori, mentre sembra cerchino occasioni di in- contro e di confronto con chi si occupa del dopo- scuola e chi ha ruoli di responsabilità all’interno dell’oratorio 11 . Le famiglie hanno un ruolo attivo nella fase del «contatto» poiché sono loro che devono iscrivere il figlio al doposcuola o all’oratorio estivo, ma sono meno coinvolti nelle fasi successive: i livelli di par- tecipazione, infatti, sono molto bassi. Sempre se- condo la ricerca Educare generando futuro , nessuna attività/iniziativa vede il coinvolgimento di più del 7% di famiglie immigrate. Mentre, laddove pre- senti, sono impegnate in attività caritative/missio- narie (6,3%), nel gruppo famiglie (6,2%) e nelle atti-
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