Missioni Consolata - Ottobre 2016

esempio, quello di porsi come l’«unica vera via», quasi che l’appartenenza associativa risulti più im- portante dell’appartenenza religiosa, al punto che solo l’associazione possa pretendere di porsi come rappresentante dell’Islam. Il rischio è anche che, per i membri, le associazioni possano trasformarsi in un ghetto che chiede alla società italiana spazi di partecipazione e di riconoscimento, ma esclude anime e visioni diverse al proprio interno. Se le as- sociazioni possono infatti configurarsi come un ponte tra la cultura islamica e occidentale, come pure tra i padri e i figli della nuova presenza musul- mana in Italia, il rischio è che si trasformino in realtà che aderiscono incondizionatamente al pen- siero dei padri o che cercano di riproporre modi di vita e pratiche proprie dei contesti di origine. Si tratta di un rischio concreto soprattutto in rela- zione alle modalità con cui si strutturerà nei pros- simi anni l’egemonia religiosa e culturale nel con- fronto tra le generazioni. La sfida è rappresentata dalle relazioni che si sviluppano con la generazione dei genitori e dal modo in cui interagiscono con le esigenze della fedeltà e il conformismo. Questioni come l’autorità e la rappresentanza hanno, infatti, strettamente a che vedere con le dinamiche inter- generazionali, anche in relazione al modo in cui le prime generazioni considererano l’Islam dei figli: se confinato in associazioni giovanili di «eternamente giovani», se cooptato per influenzarne gli orienta- menti o se riconosciuto come una «terza via» in grado di esprimere autorità e rappresentanza (vi- ste le competenze relative al contesto italiano e a quello di origine). La sfida ancora tutta da giocare riguarderà proprio la capacità dell’associazionismo islamico di sviluppare processi trasparenti di for- mazione delle leadership , in grado di garantire indi- pendenza e pluralismo. Al momento la creazione di una propria leadership è una delle questioni più im- portanti con cui si sta confrontando l’Islam in Ita- lia. Il processo di selezione, in particolare rispetto ad alcune realtà associative giovanili, rischia di es- sere connotato da derive nepotiste, soprattutto per quanto riguarda la formazione teologica e culturale dei quadri, restando ancora troppo orientata verso (e influenzata da) i paesi di origine. Viviana Premazzi Note (1) Abis Analisi e Strategia, G2: una generazione orgogliosa , Rap- porto di ricerca, Milano 2011. (2) Joceyline Cesari, Sean McLoughlin, European Muslims and the Secular State , Ashgate, London 2005. (3) Viviana Premazzi, Religioni in migrazione. Intervista a Maurizio Ambrosini (Milano, 27 novembre 2014), in Giovanni Salmeri (a cura di), Troppa religione o troppo poca. Cristiani e musulmani alla prova della secolarizzazione , Marsilio, Padova 2016, pp. 75-77. (4) Joceyline Cesari, Andrea Pacini, Giovani Musulmani in Europa. Tipologie di appartenenza religiosa e dinamiche socio-culturali , Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2005. (5) Anna Granata, Di padre in figlio, di figlio in padre. Il ruolo inno- vativo delle seconde generazioni nelle comunità religiose di mino- ranza , «Mondi migranti» 3 (2010), pp. 86-100. (6) Cfr. Luisa Deponti, Migrazione e religione: la prospettiva dei giovani della seconda generazione , «Corriere degli Italiani», 3 ot- tobre 2012. (7) Diciamo «quasi» perché molti musulmani, pur nati in Italia, non hanno ancora la cittadinanza, dato che la legge attuale non è basata sullo «ius soli».

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