Missioni Consolata - Ottobre 2016
ETIOPIA # Sopra: l’ultimo libro di Alberto Zorloni, «Etiopia, una storia africana», 2016, Dis- sensi edizioni. # Sotto: carretti per il trasporto di mais, nei pressi di Shashamane, centro Sud. guista eritreo Abraham Demoz: «L’Etiopia è la disperazione del classificatore compulsivo». Repressioni estive Nel momento in cui scrivo, giun- gono notizie delle ennesime ma- nifestazioni soffocate nel sangue. Sarebbero oltre 100 i morti nel solo fine settimana del 6-7 ago- sto. Le proteste erano iniziate l’inverno scorso a causa di un programma, poi abrogato, volto ad allargare la giurisdizione della capitale: una città in piena espan- sione che ha bisogno di nuove terre edificabili, pestando così i piedi all’Oromiya, la regione che la ingloba e che, storicamente, si sente schiacciata dal potere cen- trale. Nel contempo, attivisti amhara sono scesi in piazza per rivendicare la territorialità di al- cune aree a Nord di Gonder, ora incluse nella regione del Tigray, e anche qui l’intervento delle forze governative (apertamente filo ti- grine, da ormai 25 anni) ha pro- vocato numerose vittime. In en- trambi i casi, si tratta del difficile rapporto tra centro e periferie, reso più aspro dall'ineguale distri- buzione dei profitti derivanti dalla vorticosa crescita economica. Alcuni analisti fanno notare che gli amhara e gli oromo sembrano finalmente in grado di superare gli annosi contrasti, così da coaliz- zarsi nella richiesta di una mag- giore democrazia. Se così fosse l’Etiopia potrebbe rivestire un ruolo faro nell’indicare alle altre nazioni del continente una via africana allo sviluppo. Lo dimo- che coesistere diverse quote supe- riori al 50% nello stesso conteggio, o i cui confini interni risultano al- quanto elastici, così come certe regole grammaticali. Basta ad esempio chiacchierare con le per- sone, per capire che la maggio- ranza della popolazione può es- sere cristiana, oppure musulmana, a seconda dell’interlocutore. E ba- sta mettere in atto delle iniziative in certi villaggi, per accorgersi di come questi cambino di regione a seconda che si tratti di ricevere fondi per lo sviluppo o essere sot- toposti a tassazioni. Chi poi non riesce a lavorare senza avvalersi di supporti informatici, può sempre impazzire a trovare delle tradu- zioni univoche per trasferire i nomi propri delle località dal- l’amharico (con i suoi 260 segni sil- labici) al nostro scarno alfabeto. Insomma, oggi come ieri, risulta pienamente valida l’afferma- zione, espressa nel 1968 dal lin- strano i molti oppositori che, nelle loro feroci critiche al go- verno, si mostrano costruttivi e motivati da un grande amore per il proprio paese, manifestando un’apprezzabile larghezza di ve- dute. Niente di meglio per sfatare il luogo comune dell’africano che non riesce a guardare al di là del proprio gruppo etnico e delle pro- prie necessità immediate. Emble- matico, a questo proposito, quanto accaduto alle recenti Olimpiadi di Rio. Feyisa Lilesa, fortissimo maratoneta etiope (di etnia oromo), ha tagliato il tra- guardo conquistando la medaglia d'argento. Al termine della gara il suo pensiero è andato alle prote- ste della sua gente soffocate nel sangue. E allora ha deciso di ripe- tere il gesto che tanti altri giovani stavano facendo in quei giorni per le strade d’Etiopia: le braccia alzate, con i polsi incrociati, a mi- mare le manette alle quali va in- contro chi richiede un maggior ri- spetto dei diritti civili. La protesta nonviolenta dell'a- tleta etiope ci fornisce qualche briciolo di speranza in più. Alberto Zorloni A LBERTO Z ORLONI veterinario tropicalista, ha operato in diversi paesi africani e cen- troamericani. Originario di Varzo, Pie- monte, si è laureato a Milano; è specializ- zato ad Anversa (Belgio) e ha conseguito un master di ricerca in etnoveterinaria a Pretoria (Sudafrica). Ha pubblicato Ripar- tire da ieri (Emi), di cui MC ha scritto sul numero di agosto-settembre 2015. Alberto è tornato in Etiopia nel 2016, dopo averci lavorato un anno nel 2003.
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