Missioni Consolata - Ottobre 2016
OTTOBRE 2016 MC 23 • Crescita economica | Disuguaglianze | Diritti • MC ARTICOLI # A sinistra: veduta di Addis Abeba: traffico, palazzi e cantieri. # Qui accanto: il quartiere Merkato di Addis, con le sue banche e i commercianti di strada. menti cinesi, le sue terre sono av- vilite dal land grabbing (accapar- ramento delle terre da parte di multinazionali straniere, ndr ), le sue tradizioni sottoposte alla lente banalizzante del turismo di massa, l’etiopicità riuscirà a con- servarsi? Si troveranno ancora tracce della «restaurazione ci- clica» di un sistema feudale che sembra costituire, nelle sue forme sempre cangianti, una co- stante della storia etiope? La scomparsa del carismatico primo ministro Meles Zenawi, ex guerri- gliero e padre dell’originale fede- ralismo su base etnica, sostituito nel 2012 dal più «anonimo» Haile Mariam Desalegn, interromperà la serie di «imperatori de facto» che si sono succeduti alla guida del paese? Al mio ritorno, fin dai primi passi ritrovo subito quella tipica capa- cità etiope di «accogliere questo ma non quello», che avevo spesso riscontrato. Nemmeno due anni fa, il mondo degli affari si era stupito della decisione del governo di Addis Abeba che aveva messo sul mercato titoli pubblici a scadenza decennale (subito andati a ruba) per l’am- montare di un miliardo di dollari. Tuttavia, nonostante tale appa- rente apertura alla «modernità», in Etiopia si vedono solo insegne di banche locali. Molte hanno aperto una filiale nella zona del Merkato , l’esteso quartiere nel quale si vende di tutto. A dispetto delle migliaia di piccoli commer- cianti che trascorrono le giornate seduti per terra a contrattare la loro povera merce con avventori di varia estrazione sociale, in que- sto rione si concludono affari mi- lionari. Tra i fasci di povere galline legate fra loro e i mucchi di vestiti usati, trovo anche le mele dell’Alto Adige, a un prezzo decisamente elevato. Ma chi le comprerà mai? Non faccio in tempo a chieder- melo, ed ecco un anziano signore acquistarle senza batter ciglio. Rivedo dunque un’altra caratteri- stica etiope: l’assenza di una netta separazione fra livelli di reddito molto diversi, ben visibile anche nell’organizzazione (o di- sorganizzazione...) urbanistica della capitale. Priva di un vero e proprio centro, alterna moderni edifici di 20 piani a piccoli agglo- merati di tuguri, senza che si possa parlare di quartieri ricchi e quartieri poveri. Quest’assenza di ghetti le consente di avere un tasso di delinquenza decisamente basso, specie se comparato a quello delle sue «sorelle» afri- cane. Ad Addis Abeba, infatti, si può tranquillamente passeggiare a tutte le ore. E i suoi abitanti, che durante il giorno si dedicano a ogni tipo di attività per sbarcare il lunario, conferendo alla metro- poli un aspetto brulicante, alla sera non disdegnano ritrovarsi castelli di Gonder, le stele di Ak- sum. Tuttavia, ciò che in Etiopia mi aveva colpito non si limitava alle ricche vestigia del passato, ma era stato il senso di nazione, l’orgoglio di popolo, l’attacca- mento alla propria storia e alla propria cultura. A differenza degli altri stati africani nei quali avevo fin lì operato, in Etiopia non avevo riscontrato malcelati sensi d'inferiorità, rancori o impulsi di rivalsa. In altri termini, non ci avevo trovato quell’eredità stri- sciante del colonialismo che spesso si manifesta con un timore inconscio di non essere messi sullo stesso piano degli occiden- tali, di essere considerati «infe- riori», e che provoca una spinta compulsiva a farsi continuamente sentire, in un modo o nell’altro. Gli etiopi non sono mai stati colo- nizzati, e i cinque anni di occupa- zione italiana non ne hanno mini- mamente intaccato l’«etiopicità». Anzi, come è avvenuto per tutti gli attacchi che il paese ha dovuto affrontare nel corso della storia, la volontà di resistere al coloniali- smo fascista l'ha sicuramente rinforzata. Nuovi rischi L’Etiopia, nel suo affascinante percorso storico, è riuscita a pas- sare indenne attraverso mille vi- cissitudini, trasformandosi senza mai snaturarsi. Ma ora, che il paese si è spalancato agli investi-
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