Missioni Consolata - Ottobre 2016

tive, fallimento e incompetenza dei funzionari governativi nell’as- sicurare il rispetto, la responsabi- lità e la trasparenza». Evidenze che hanno portato il primo mini- stro papuano Peter O’Neill ad ammettere in pubblico che «lo strumento delle Sabl ha fallito mi- seramente». L’Oakland Institute aveva provato a portare all’attenzione dell’opi- nione pubblica mondiale il pro- blema della deforestazione in Pa- pua Nuova Guinea già nel 2014 con il documentario On our land . Un cortometraggio di 36 minuti (è visibile su YouTube, ndr ) che racconta il furto subito dalle co- munità rurali dell’isola, nono- stante la carta costituzionale del paese stabilisca l’autonomia e la sovranità della terra e delle ri- sorse naturali, imponendone un impiego sostenibile e affidandone la gestione a clan e tribù, con l’e- sclusione quasi completa della proprietà privata. Anche grazie a queste e tante altre iniziative di sensibilizzazione portate avanti da numerosi gruppi e associazioni per la difesa della terra e dell’am- biente, le autorità di Port More- sby hanno iniziato a rendersi conto che lo sfruttamento delle foreste ha ormai raggiunto un li- vello insostenibile. Il problema, come ha spiegato il professor Si- mon Saulei del Papua New Gui- nea Forest research institute all’a- genzia Inter press service (Ips), è che gli organismi governativi inca- ricati di difendere le foreste e l’e- cosistema si scontrano con una cronica «carenza di personale e fondi», che blocca le attività av- viate e non consente di intrapren- dere nuove iniziative. Redd sarà la soluzione? Una delle strade che l’esecutivo di Port Moresby sta cercando di percorrere per arginare in qual- che modo la situazione è l’imple- mentazione del Redd+. Come già ricordato, lo scorso aprile si è PAPUA N. GUINEA 20 MC OTTOBRE 2016 Scheda Il Redd e le critiche Scheda demografica e religiosa Caleidoscopio papuano F ormata da un arcipelago che conta oltre 600 isole, alcune grandi poche decine di metri quadrati, la Papua Nuova Guinea è un calei- doscopio di etnie, culture, lingue e tradizioni che farebbe la gioia di ogni antropologo, e che ancora oggi ospita popolazioni antichissime, che vivono in villaggi quasi completamente isolati dal mondo esterno. Il gruppo etnico più numeroso è quello dei papuani, gli antenati dei quali arrivarono in Nuova Guinea decine di migliaia di anni fa. La parte re- stante della popolazione è formata da austronesiani, cui si affiancano consistenti minoranze di europei, cinesi, australiani, filippini, indiani e cingalesi. Da un punto di vista religioso circa un terzo della popolazione pratica culti tradizionali, sovente combinandoli con il cristianesimo. Gli altri due terzi si dichiarano di religione cristiana: il 36 per cento appartiene alla Chiesa cattolica, il resto a quella anglicana. Una percentuale compresa tra lo 0,8 e l’1 per cento degli abitanti è di fede islamica, praticata preva- lentemente dalle persone immigrate dalla vicina Indonesia durante il re- gime di Sukarno. Le lingue ufficiali dell’arcipelago sono tre: inglese, tok pisin e hiri motu, ma accanto a queste se ne contano altre 850 circa, che fanno sì che nel paese si concentri circa il 10 per cento delle lingue par- late nel mondo. Con una media di soli 7.000 parlanti per ogni lingua dif- fusa, la Papua Nuova Guinea è lo stato che vanta la seconda più alta den- sità linguistica al mondo dopo Vanuatu. Pa.To. • S ITI UFFICIALI : www.unredd.net; www.un-redd.org ; thereddesk.org . • C RITICI DEL PROGRAMMA : www.redd-monitor.org . L e foreste coprono circa 4 miliardi di ettari in tutto il mondo, pari al 31% della superficie totale. Attualmente si verifica una perdita netta di 6,2 milioni di ettari all’anno. Sebbene il tasso di perdita sia rallentato negli ultimi anni, esso rimane molto elevato. La grande mag- gioranza degli ettari si perdono nelle regioni tropicali, occupate dai paesi cosiddetti in via di sviluppo. Le foreste sono magazzini di anidride carbonica, uno dei principali «gas serra». Quando vengono distrutte, la CO 2 viene dispersa nell’atmosfera incrementando il fenomeno del «cam- bio climatico». Il programma delle Nazioni Unite «Ridurre le emissioni derivanti dalla deforestazione e dalla distruzione delle foreste» ( Reducing emissions from deforestation and forest degradation ), conosciuto con l’acronimo inglese di Redd (poi divenuto Redd+), è un meccanismo nato nel 2005 con l’obiet- tivo di mitigare i cambiamenti climatici attraverso la preservazione del patrimonio forestale dei paesi in via di sviluppo. Il sistema predisposto dalla comunità internazionale è però oggetto di critiche sostanziali da parte delle comunità locali (circa 500 milioni di persone), indigene in particolare, che sulle foreste hanno fondato la loro esistenza e che ora rischiano di perdere le proprie fonti di sussistenza a causa dei meccanismi di Redd. Esse obiettano di non aver mai contri- buito alla deforestazione, causata al contrario dalle imprese (agroindu- striali, del legno, minerarie, idroelettriche) che, per i propri interessi, di- struggono le risorse forestali. Nel Redd - viene giustamente osservato - le imprese possono trovare gli strumenti - ad esempio, il «mercato dei crediti di carbonio» - per continuare ad inquinare. PaoloMoiola # In alto e in basso : i grafici che evidenziano l’entità della deforestazione e i prezzi dell’e- sportazione del legname. A destra : la coper- tina della ricerca - scaricabile dal web - dell’Oakland Institute della California.

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