Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016
esultanza per aver vinto una battaglia e annientato il nemico, ma piuttosto tanta ammirazione per quello che venne considerato dai vincitori come un nobile gesto. Con la conquista di Masada finiva la prima ri- volta dei Giudei contro i Romani. I vincitori lasciarono una guarnigione a Masada mentre il grosso dell’esercito tornò a Cesarea Ma- rittima ove risiedeva Erode. In tutta la zona non ri- maneva più alcun focolaio di resistenza, tutta la Giudea, così come la Galilea e la Samaria, era stata di nuovo sottomessa all’Impero di Roma. Masada si sacrificò per non arrendersi, ma ugualmente venne conquistata dai Romani, la notizia di quello che successe si diffuse rapida- mente per tutto l’Impero. Sì, tanto che le comunità ebraiche sparpagliate lungo le coste del Mediterraneo vennero sospettate come potenziali focolai di ribellione. Vennero quindi sorvegliate e tenute d’occhio con un’atten- zione particolare da parte delle legioni romane. Sul popolo ebraico, che effetto ebbe? Ne rimase un vivo ricordo per molti secoli, ma poi la storia di Masada cadde nell’oblio. Anche la sua esi- stenza fu dimenticata. La fortezza fu riscoperta nel solo 1834 e venne riportata alla luce dagli scavi del 1963 a opera di Yigael Yadin. È dalla prima metà del secolo scorso che è partito un processo di risco- perta e valorizzazione di quell’epopea, fonte di or- goglio identitario per l’Israele di oggi. Quindi oggi Masada, dal moderno stato d’I- sraele, viene ricordata positivamente? Per far capire quanto Masada sia profondamente radicata ancora oggi nel popolo di Israele, basti pensare che tutte le reclute che entrano a far parte dell’Esercito, della Marina o dell’Aviazione giurano sulla spianata di Masada con questa formula: «Ma- sada non cadrà mai più, lo giurate voi?» e le reclute alzando il braccio destro rispondono all’unisono gri- dando: «Lo giuro!». Questo fatto ci aiuta a capire come passato e pre- sente siano strettamente intrecciati nella memoria del popolo di Israele, quello che anticamente fu un sacrificio collettivo e in definitiva una sconfitta della guarnigione giudaica di fronte all’Impero Ro- mano, si trasforma in un atto fondamentale nella vita dei giovani dell’Israele dei nostri giorni quando pronunciano un giuramento così impegna- tivo per loro stessi e per il loro paese. Don Mario Bandera, Missio Novara Nota Entrata nell’oblio dopo la conquista araba, la fortezza di Masada (oggi «patrimonio dell’Umanità» protetto dall’Unesco) tornò alla luce nel 1834, mentre la storia dei suoi difensori entrò nella leg- genda soprattutto dopo la seconda guerra mondiale con il cre- scere del sionismo, diventando funzionale a una visione eroica del nascente stato di Israele. Il racconto di Giuseppe Flavio (uno storico ebreo, spesso accu- sato di essere partigiano perché asservito ai Romani) è molto so- brio e si conclude con un giudizio molto negativo sul suicidio col- lettivo che, pur avendo suscitato una notevole ammirazione nei conquistatori, non poteva essere accettato dalla visione religiosa del popolo d’Israele. Ai primi scavi degli anni 1963-64, ne segui- rono altri, accompagnati da studi più approfonditi di storiografia comparata a opera delle stesse università israeliane. Tali studi hanno evidenziato come i defensori di Masada fossero stati membri del solo gruppo dei «Sicari», noti per il loro fanatismo e l’uso indiscriminato dell’assassinio come mezzo di lotta politica. Tale gruppo era stato cacciato per la sua eccessiva violenza da Gerusalemme dal popolo stesso, capeggiato dagli «Zeloti», su- bito dopo le prime fasi della rivolta contro i Romani. Fuggiti dalla città, nel 66 i «Sicari» avevano occupato Masada e, per rifornirsi di cibo, avevano razziato alcuni dei villaggi vicini massacrandone tutti gli abitanti, donne e bambini compresi. Dalle tracce archeologiche risulta inoltre come non abbiano of- ferto molta resistenza ai Romani, i quali, dopo aver prima siste- maticamente eliminato, dopo battaglie feroci, altre fortezze dove i fuggiaschi da Gerusalemme si erano rifugiati, da ultimo presero Masada quasi senza colpo ferire dopo alcuni mesi di as- sedio. Il suicidio collettivo, cui sopravvissero solo due donne e quattro bambini, colpì profondamente i Romani, che lo conside- ravano un atto di grande onore. Si veda in proposito l’ebook «Masada Myth: Collective Memory and mythmaking in Israel», di Nachman Ben-Yehuda, distribuito in Italia da Feltrinelli. • Resistenza | Libertà | Indipendenza • MC RUBRICHE © Milner Moshe, [ srael] Government Press OfficeOffice
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