Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016
66 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2016 l’accesso alla diagnosi precoce è stata attivata la prima campagna di sensibilizzazione delle persone immigrate denominata «La lotta al cancro non ha colore», pro- mossa da Aiom («Associazione italiana oncologia medica») e Fondazione Insieme contro il cancro. Secondo una ricerca della Caritas, il 36% delle immi- grate non si è mai sottoposta a un Pap-test per il tumore della cervice uterina, il 54% delle ci- nesi non sa cosa sia una mam- mografia e la metà delle donne ucraine, filippine e latino-ameri- cane lamenta difficoltà nell’ac- cesso al Servizio sanitario nazio- nale. Le difficoltà di accesso alle cure sono ancora maggiori per i dete- nuti stranieri, che costituiscono oltre un terzo della popolazione detenuta in Italia, spesso a causa di un difficile rapporto di fiducia con gli operatori sanitari del car- cere e per scarsa informazione circa i propri diritti. Recentemente l’Agenzia europea per i diritti fondamentali ha pub- blicato un report Cost of exclu- sion from healthcare: The case of migrants in an irregular situation («Costo dell’esclusione dal servi- zio sanitario: il caso degli immi- grati irregolari»), uno studio con- dotto in Grecia, Germania e Sve- zia, che mostra come aprire le cure sanitarie anche agli irrego- lari consenta un risparmio fino al 16% rispetto alla cura di ictus e infarti e fino al 69% rispetto alla cura di bambini nati sottopeso. Se l’accesso alla medicina pre- ventiva fosse uguale per tutti, ciò comporterebbe accessi ridotti al pronto soccorso (es. la Lombar- dia dà accesso alle cure agli im- migrati solo attraverso il pronto soccorso) e costi mi- nori di gestione di una pato- logia conclamata e più complessa da trattare. Molti pazienti del Nord Africa scoprono di essere affetti da diabete solo al pronto soccorso, quando i sintomi sono gravi, mentre ba- sterebbe un semplice esame del sangue preventivo periodico. La risposta Alla luce di quanto visto finora possiamo rispondere alla do- manda, da cui eravamo partiti, esenti, ecc.), gli immigrati in gravi difficoltà economiche spesso ri- nunciano all’assistenza o si rivol- gono a reti di assistenza paral- lela, presso il qualificato terzo settore, oppure, con rischi mag- giori ed esiti incerti, presso la propria comunità. Per ovviare a ciò, il cittadino con codice Stp privo di risorse economiche può chiedere, a seguito di una sua di- chiarazione, il codice X01, che vale solo per la specifica presta- zione effettuata e va emesso di volta in volta. Rinunce e difficoltà Nonostante il divieto di segnala- zione della condizione di irrego- larità del paziente alle autorità competenti (salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, come per i cittadini italiani), molti immigrati (circa 1/3 degli intervistati in un’indagine condotta in vari paesi europei tra cui l’Italia) rife- riscono di avere comunque ti- more di denuncia e di rinunciare perciò all’assistenza. Cinque su mille intervistati hanno riferito di avere rinunciato al ricovero ospedaliero, pur avendone avuto bisogno, perché impossibilitati a farlo, con una incidenza doppia nel Mezzogiorno. Inoltre le difficoltà linguistiche possono costituire un grosso ostacolo all’accesso al servizio sa- nitario per gli immigrati. Il 13,8% di loro ha infatti dichiarato di avere difficoltà nello spiegare al medico i sintomi della propria malattia, il 14,9% a capire ciò che il medico dice. Il 12,9% ha riferito di avere avuto difficoltà nello svolgimento delle pratiche burocratiche necessarie per accedere alle prestazioni me- diche. Il 16% degli stranieri di- chiara di avere difficoltà ad effet- tuare visite ed esami medici per incompatibilità con gli orari di la- voro. Per quanto riguarda gli atteggia- menti discriminatori, che pos- sono condizionare l’accesso alle cure, il 2,7% degli stranieri ha di- chiarato di avere subito discrimi- nazioni in quanto tali, quando ha usufruito di prestazioni sanitarie. Secondo i dati degli oncologi, gli immigrati che muoiono di tu- more sono il 20% in più degli ita- liani con la stessa patologia tu- morale, al punto che per favorire sulla possibilità che gli immigrati rappresentino un rischio per la nostra salute. Ebbene, poiché molti immigrati tendono a vivere in comunità chiuse, già solo per questo rara- mente sono causa di epidemie nella popolazione autoctona. Le minoranze etniche non costitui- scono un rischio rilevante per le comunità che le ospitano, in ter- mini epidemiologici, ma even- tualmente per i piccoli gruppi con cui hanno contatti regolari. È chiaro che la facilitazione del loro accesso al Servizio sanitario na- zionale da un lato riduce notevol- mente il rischio di diffusione delle malattie tra di loro e nella popolazione ospite e dall’altro ri- duce i costi sanitari della nazione d’accoglienza. Rosanna Novara Topino (seconda parte - fine) Siti web ● www.salute.gov.it ● www.epicentro.iss.it ● www.caritasitaliana.it ● www.immigrazione.biz ● www.lalottaalcancrononhacolore.org Madre Terra # Sopra: la copertina dello studio sui costi dell’esclusione dal Servizio sanitario dei migranti irregolari (scaricabile dal web).
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