Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

Oltre il territorio e l’elemosina Il concetto di accoglienza non può e non deve dun- que essere costretto in una dimensione territo- riale e il concetto di soli- darietà non può e non deve essere inteso come «elemosina»; una so- cietà che creda nella di- gnità umana deve saper trovare, proporre e rea- lizzare modelli di vita e di sviluppo che - a prescin- dere dalla dimensione geografica di intervento - reintegrino l’individuo nelle condizioni indi- spensabili per l’esplica- zione delle proprie fa- coltà e capacità, e lo ren- dano nel contempo consapevole che tutto quanto gli viene offerto costituisce un mezzo di sviluppo e di crescita di cui egli stesso diviene il principale artefice e re- sponsabile. Questo concetto – ne sia- mo convinte – è un punto chiave cui dovrebbero essere improntate le re- lazioni individuali e so- ciali tra chi offre e chi ri- ceve accoglienza e soli- darietà; è infatti il rispetto dell’uomo il fon- damento dell’accoglien- za e della solidarietà ed è sempre il rispetto dell’uomo – e, quindi, il rispetto innanzi tutto di se stesso e la coscienza della propria dignità – il fondamento dell’accetta- zione dei benefici offerti e il buon uso di essi. La convinzione nasce dall’esperienza della cooperazione internazio- guardi, e cioè che la Chiesa siamo anche noi, che il messaggio evan- gelico è anche rivolto a ciascuno di noi e che pri- ma di pensare alla pa- gliuzza nell’occhio del vi- cino, ci si dovrebbe guar- dare allo specchio per controllare se magari sia opportuno che anche noi facessimo ogni tanto un po’ di pulizia e togliessi- mo le famose «fette di salame» che ci coprono non solo gli occhi ma an- che la coscienza. Certo questo non esclude che anche la Chiesa in tutti i suoi apparati faccia un e- same di coscienza per vedere se qualche cosa può essere migliorato. Aggiungo anche che è perché esiste la struttu- ra secolare della Chiesa se molte missioni ricevo- no aiuti e possono conti- nuare nell’annuncio del- la Buona Novella. Di- mentichiamo a volte che se certe missioni sper- dute nelle lande deserte o nelle foreste del mon- do dove non giunge la te- levisione, ignorate dalla stampa scandalistica o dal politico contestatore tout court, riescono a portare silenziosamente il messaggio di speranza di Cristo con ospedali, scuole, dispensari o an- che solo un sorriso, spesso lo possono per- ché la Chiesa tanto vitu- perata lo consente con il suo aiuto concreto. An- che se non spetterebbe a me citare il messaggio e- vangelico, ma ad altri ben più autorevoli, tutta- via ricordo quanto detto 2000 anni fa: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altret- tanto». Messaggio strin- gato, ma preciso: nel «chi…» ci siamo tutti nessuno escluso. Prima di pretendere la coeren- za dagli altri, cerchiamo di esigerla da noi. Auguro a te e a tutta la tua magnifica squadra «buon lavoro» e dato il mese anche «buone fe- rie» delle quali anche tu avrai di sicuro bisogno e, a tutti i missionari e mis- sionarie della Consolata, auguro un proficuo «Buon lavoro». Giacomo Fanetti 11/06/2016 ACCOGLIENZA E SOLIDARIETÀ Ci sono parole che indu- cono a larghe riflessioni, come, ad esempio, quel- le che ha pronunciato papa Francesco, riceven- do il Premio Carlo Ma- gno 2016, conferitogli dalla città di Acquisgra- na. Egli ha rivolto un ac- corato appello all’Europa affinchè, attingendo nuo- va linfa dagli ideali dei Padri Fondatori, affronti con rinvigorito spirito le sfide presenti; si renda creatrice e generatrice di nuovi processi sui quali costruire un futuro di li- bertà e di pace; sia culla di un nuovo umanesimo fondato sulla capacità di integrare, sulla capacità di dialogare, sulla capa- cità di generare. L’Europa alla quale si ri- volge il papa non è però solo quella dei capi di sta- to e di governo; è la «fa- miglia dei popoli»; sono dunque gli individui, sin- goli e associati, le forma- zioni intermedie, le istitu- zioni private e pubbliche, gli enti di governo fino al livello massimo rappre- sentato dallo Stato. Allora, l’appello e l’au- spicio del superamento dell’attuale fase di stan- chezza – che esclude e sottrae dignità e libertà non solo a chi in, cerca di asilo o anche solo di cibo, preme ai confini d’Euro- pa, ma anche a chi in es- sa rinviene le propre ori- gini e vorrebbe trovare il proprio futuro – passa necessariamente attra- verso un processo che coinvolge la comunità dei popoli, oggi chiamati a dare nuovo vigore ad un concetto di unità europea fondata – usando le pa- role di Karl Lowith – «su un comune modo di sen- tire, di volere, di pensare …, a una determinata modalità di concepire e di dare forma a se stessi e al mondo». In questa prospettiva i concetti di accoglienza e solidarietà assumono si- gnificati che trascendono la dimensione stretta- mente fisico–spaziale o materiale; non si tratta tanto – o solo – di trovare una sistemazione allog- giativa a chi cerca ospita- lità o di somministrare mezzi di sussistenza agli indigenti; l’accoglienza e la solidarietà debbono tendere ad innescare processi di sviluppo dota- ti di una forza autorige- nerante, capaci di gene- rare altro sviluppo; che riservino ai beneficiari il ruolo di protagonisti e nei quali l’apporto di risorse economiche – pure indi- spensabile – non si risol- va in sterile assistenziali- smo ma costituisca mez- zo per il raggiungimento di un’autonomia perso- nale ed economica. 6 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2016 redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com © Marina Militare

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