Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016
N eppure la donna più potente del mondo sa come risolvere il problema, per questo ha chiesto aiuto a una Ong, così alla vi- gilia della conferenza internazionale contro la corruzione, che si è svolta a Londra lo scorso maggio, Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, ha convocato Winny Byanyima, afri- cana, presidente di Oxfam Interna- tional , per discutere del più grave e inestricabile nodo del sistema eco- nomico mondiale: i paradisi fiscali. Si calcola che individui e imprese na- scondano nei territori off shore qualcosa come 7.600 miliardi di dol- lari, che, secondo uno studio pubbli- cato dal quotidiano francese Le Monde , provengono per 2.600 mi- liardi dall’Europa, 1.200 dagli Stati Uniti, 300 dal Canada, 200 dalla Rus- sia, 1.300 dall’Asia, 800 dai paesi del Golfo, 700 dall’America Latina e 500 dall’Africa. Denaro che sfugge, più o meno legalmente, alle imposizioni fiscali degli stati, ricchezza rubata alla collettività dei paesi, dove i pro- fitti e i redditi sono creati anche gra- zie alle infrastrutture e ai servizi pa- gati dai cittadini onesti. Basterebbe il 5 % di una tale somma per sfamare gli affamati, garantire un’istruzione a tutti i bambini del mondo, curare tutti i malati, assicu- rare un reddito alle donne, depu- rare suolo e acque inquinati, fornire energia anche ai luoghi più sperduti, insomma attuare quell’agenda per lo sviluppo che le Nazioni Unite in- vocano dall’inizio del Millennio. Sono soprattutto le grandi imprese, consigliate da studi legali ricompen- sati profumatamente, che eludono AGOSTO-SETTEMBRE 2016 MC 57 il fisco attraverso varie pratiche: di- chiarazioni dei redditi manipolate, creazione di società di comodo, adozione del trasfer pricing . Politi- che queste, di trasferimento dei prezzi tra filiali e consociate con sede in paesi diversi, come le ven- dite di prodotti a prezzi inferiori nei paradisi fiscali e la successiva espor- tazione verso i paesi di destinazione a prezzi maggiorati. In molti casi si ricorre alla corru- zione dei funzionari pubblici e si comprano informazioni da politici compiacenti. Racconta il quotidiano The Guardian che l’impresa britan- nica Heritage Oli&Gas Ltd , che ha sostenuto la campagna elettorale di David Cameron, avvisata che l’U- ganda stava per incrementare il prelievo fiscale sui profitti petroli- feri si è precipitata a ridomiciliare la società nelle isole Mauritius, un pa- radiso fiscale che non ha sotto- scritto con il governo ugandese l’ac- cordo sulla doppia imposizione; con questa mossa astuta ha evitato di pagare 400 milioni di dollari in più, una cifra che corrisponde a quello che il governo dell’Uganda spende annualmente per la sanità. N on siamo rimasti particolar- mente scioccati dalla vi- cenda dei Panama Papers . Le informazioni diffuse dall’ Interna- tional Consortium of Investigative Journalists , ribadiscono semplice- mente che ci sono tanti furbi, più o meno famosi, nel mondo della poli- tica, delle banche, delle imprese, dello sport e dello spettacolo che, per non pagare le tasse, trasferi- scono i loro beni in paesi dal fisco inesistente o molto malleabile. Molti dei casi scoperti non sono illegali (è questo forse il vero scandalo), cionono- stante l’elusione fiscale è davvero dele- teria: colpisce i contribuenti onesti, crea svantaggi competitivi per le pic- cole e medie imprese e priva le casse pubbliche del denaro per pagare i ser- vizi essenziali. La fuga dei capitali inol- tre è particolarmente odiosa quando colpisce i paesi poveri: nei Panama Pa- pers troviamo anche il nome di Aliko Fangote che, secondo la rivista Forbes , è l’uomo più ricco dell’intera Africa, grazie alle sue innumerevoli attività produttive e commerciali che lucrano sulle preziose materie prime africane. Da oltre trent’anni, da quando era al potere il presidente americano Ronald Reagan, ostile a qualsiasi regolamenta- zione, l’Ocse sta studiando il modo per arginare il fenomeno dei paradisi fiscali e ha redatto liste nere e grigie che com- prendono oggi 38 paesi distribuiti nei vari continenti. Ne fanno parte piccole isole come Tonga e le Cayman, ma an- che stati come il Delaware (Usa), che ha meno di 1 milione di abitanti ma ospita la sede legale di 1 milione e 100 mila società. La Commissione europea ha cercato di introdurre dei meccanismi di traspa- renza per impedire l’elusione fiscale da parte delle multinazionali. Lo scorso 12 aprile ha definito che solo le corporations con un fatturato annuo superiore ai 750 milioni di euro (ri- mangono escluse l’80% delle imprese) devono presentare una rendiconta- zione finanziaria paese per paese, e solo all’interno dei confini della Ue, in altre parole non saranno obbligate a raccontare nulla sui profitti maturati nei paesi extracomunitari. IL PARADISO NON PUÒ ATTENDERE Il meccaniso dell’elusione fiscale spesso non è illegale. Ma si basa su manipola- zioni, società di comodo e corruzione. E soprattutto colpisce gli onesti e priva le casse pubbliche di denaro necessario a pagare i servizi essenziali per tutti. Eticamente di Sabina Siniscalchi , Fondazione Culturale Responsabilità Etica PERSONA, ECONOMIA, FINANZA
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