Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

AGOSTO-SETTEMBRE 2016 MC 51 R iek Machar, il capo dei ri- belli, è tornato a Juba. È il 26 aprile 2016. Dopo due settimane spese a Gam- bella in Etiopia per definire quali armamenti poteva portare con sé (missili terra-aria, anticarro, strin- ger, etc.), ha finalmente avuto l’ok delle autorità etiopi e poi dal pre- sidente del Sud Sudan, il suo acer- rimo nemico Salva Kiir Mayardit, per atterrare nella capitale. Fuori città c’è l’esercito regolare Spla ( Sudan people liberation army ) schierato in caso di necessità. «C’era un grande fermento in quei giorni. Io ero sul terreno e tutti stavano attaccati alla radio, perché non funzionavano i te- lefoni, ma solo radio e internet» ci racconta Angela Osti, da alcuni mesi nel paese come coordina- trice di un progetto di emergenza per una Ong italiana. «Lo staff lo- cale era agitato. Poi finalmente Machar arriva, ed è festa. Salva Kiir lo chiama fratello. Ma, pochi giorni dopo, tutti sono delusi dai nomi del governo transitorio di unità nazionale: sono gli stessi di due anni e mezzo prima, quando è scoppiata la guerra civile. La pace l’aspettavano tutti: “adesso che arriva la pace, sarà diverso…”, dicevano». Sono passati due anni e nove mesi da quando è scoppiato il cruento conflitto interno al Sud Sudan, il nuovo stato africano, nato ap- pena il 9 luglio del 2011. prOve di pace dOpO La guerra più crudeLe È durata due anni e mezzo. La guerra civile sud sudanese ha fatto vedere i delitti più efferati. due milioni e mezzo di sfollati, decine di migliaia di vittime civili. L’uso si- stematico dello stupro come arma di guerra. L’Onu parla di crimini contro l’umanità. Ma il mondo non lo sa neppure. Ora c’è una pace instabile, con tutti i problemi ancora sul tavolo. GUARDANDOSI IN CAGNESCO sud sudan di MARCO BELLO © AFP / Albert Gonzalez Farran

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