Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

frasi in un francese imbalsamato, e che modifiche hanno subito nella loro caduta a effetto domino verso il mio orecchio che le percepiva e dava loro un altro senso, il mio. Apro il freezer, prendo un kebbeh , ne tasto la sferi- cità. Non ho il coraggio di mangiarlo, basta l’odore a tuffarmi di nuovo in antiche corse sotto il sole ad acchiappare le code dei gatti a Zouk e poi correre in spiaggia. Provo a ricreare l’eco della tua voce – Attention de tomber dans l’eau! – ma non ne sono più davvero capace. Chissà dove sei, Téta. Attenzione a non cadere in acqua, Téta, ovunque tu sia. Sento che l’italiano è giunto al limite: non è più sufficiente a narrare la nostra storia in questa maniera. In italiano il ricordo libanese di te non fa che sbiadirsi più velocemente, gli spaghetti nella scansia non sanno chi tu sia stata, ma questi keb- beh sì, ne hanno chiara memoria, sono figli delle tue mani pazienti ed è mio compito tradurre fino in fondo questi ricordi. Guardo la sfera di grano e carne e all’improvviso so che, finché non raccon- terò la tua scomparsa in un’unica lingua, la tua fi- gura rimarrà in bilico fra due mondi. Presenza e assenza, occidente e oriente, vita e morte. Respiro profondamente. Traduco. Téta in arabo vuol dire nonna. Lo dico sottovoce, finalmente, e sento il sottilis- simo germe della mancanza farsi spazio ed espan- dersi fino a occupare anche l’altra parte di me, quella che parla italiano. Due metà si ricongiun- gono, i ricordi riprendono vita, il ghiaccio attorno al kebbeh si è sciolto, ora la tua scomparsa ha una dolorosissima forma. Mi manchi, nonna. Leyla Khalil DOSSIER MC LINGUA MADRE O ra le foto di Téta invadono il web: i suoi figli e nipoti sparsi per il mondo si fanno compa- gnia come possono, si consolano vicendevol- mente, cercano di mantenere vivo il suo ricordo, anche se buona parte ha dimenticato la lingua madre o la utilizza soltanto sporadicamente. Siamo schegge scagliate nei cinque continenti e Facebook è la nostra disillusa preghierina serale, adesso che nessuno più accosta la porta della ca- mera come faceva Téta mentre, con aria bambina, si inginocchiava sul suo letto per fare il segno della croce. Il social network è una chiesa virtuale con le sedie vuote ed è lecito domandarsi in fondo cosa arriva, cosa passa da un cuore all’altro, da una pancia all’altra e da un computer all’altro, sa- lendo oltre i pensieri tradotti in tutte le lingue del mondo, cosa è sempre arrivato negli scambi co- municativi fra tutti noi, la Big Khalil Family , noi che traduciamo goffamente dall’inglese al fran- cese all’italiano all’arabo i nostri pensieri e le no- stre emozioni, noi che cerchiamo significanti mol- teplici per indicare un unico significato e non sap- piamo mai quali sfumature si perdono in questo travaso continuo di informazioni. R icordi congelati. Tutto questo e solo questo rimane di te - la mia Téta in un’altra lingua - ed io non so bene con quanta efficacia l’italiano sappia essere fedele a questi ricordi: mi appare come lingua im- pacciata, incapace, inesperta nell’espressione di queste memorie che hanno sede altrove; lingua dei tentativi e degli errori. Eppure è per errori e traduzioni concatenate che abbiamo mandato avanti la nostra comunicazione intergenerazio- nale ed intercontinentale: sentimenti perenne- mente filtrati da successive conversioni mentali. Chissà quante cose abbiamo frainteso, quante ne abbiamo gonfiate, quante rimpicciolite, chissà quali immagini mentali c’erano in te, dietro le tue AGOSTO-SETTEMBRE 2016 MC 49 Q uesto dossier narrativo centrato sul cibo, è frutto della collaborazione con «Lingua Madre», il concorso letterario nazionale la cui premiazione avviene ogni anno nel contesto del «Salone Internazionale del Libro di Torino». È la terza volta che MC pubblica testi scritti per questo concorso in lingua ita- liana da donne provenienti da ogni parte del mondo. La prima volta fu il rac- conto, Cubetti di zucchero , apparso in MC 4/2015, seguito poi dal dossier Sono anch’io Italia, sogni non impossibili , in MC 8-9/2015. A «Lingua Madre», che ha scelto di presentare quattro testi premiati nel contesto del «Premio Slow Food - Terra Madre», va tutta la nostra ricono- scenza. I testi sono stati selezionati da Daniela FinocchIi, ideatrice e coordinatrice del concorso. Il dossier è stato coordinato da Gigi Anataloni. Il libro: Daniela Finocchi (a cura di), Lingua Madre Duemilasedici, Rac- conti di donne straniere in Italia , Edizioni SEB27, via Accademia Alber- tina, 21 - 10123 - Torino; sito : seb27.it, sarà nelle librerie in autunno.

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