Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

44 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2016 Nel tabboulé gli ingredienti non si fondono tra di loro, ma si amalgamano bene al punto da offrire sia alla vista che al gusto un’armonia tale da rendere piacevole il mangiare suscitando una sensazione di freschezza e un piacere che invade tutti i sensi. Nell’integrazione, il punto di partenza è l’incontro tra persone diverse. Immaginiamo una persona italiana e una straniera di origine africana. Ma- gari l’italiano di pelle bianca e l’africana di pelle nera. Il colore della pelle può essere, in un primo momento, un motivo per attirare l’attenzione e su- scitare curiosità. Se l’incontro avviene in un bar, possiamo vedere come agiscono queste due persone. Bevono il caffè, chiacchierano e si scambiano sorrisi ed espressioni varie che denotano un’armonia e una complicità. Se poi arrivano a baciarsi, questo ge- sto può suscitare curiosità, a volte perplessità o disapprovazione e può diventare occasione di giu- dizio che va dal rispetto fino alla critica totale verso ciò che si è visto. Non possiamo certo an- cora parlare di integrazione. Questa non può ri- sultare da un incontro al bar o da un bacio. Come non si può dire che il tabboulé è buono solo perché siamo abbagliati dai colori che si distin- guono in un piatto ben presentato. È importante avere la ricetta giusta e prepa- rare il piatto seguendo le indicazioni precise. È altrettanto importante che tutti gli ingre- dienti siano ben visibili quando il piatto è sotto i nostri occhi. Ogni ingrediente deve restare ben di- stinto, mantenere il suo colore e la sua forma, pur essendo amalgamato agli altri ingredienti. Il sa- pore poi deve poterli distinguere e offrire al palato un gusto piacevole e di completezza in modo da suscitare in chi lo mangia un benessere e un pia- cere che lo lascino soddisfatto e appagato. Anche l’integrazione parte dalla vista e dal palato, ma anche dalla piena consapevolezza dei valori comuni delle persone con culture diverse con le quali ci si impegna ad interagire. Non può essere raggiunta una volta per tutte! Non è un percorso che si intraprende e si con- clude in tempo breve, non può essere neppure de- finito a priori. È come se la vita di una coppia di giovani raggiun- gesse il suo traguardo nel momento della celebra- zione delle nozze. Se fosse così non avrebbe più senso continuare a vivere insieme e ad impe- gnarsi tutti i giorni per un traguardo già rag- giunto. Lo sappiamo che non è così; il giorno del matrimonio rappresenta il punto di arrivo, ma an- che un punto di partenza; percorso che porta due persone a costruire giorno per giorno il loro pro- getto di vita insieme con sincerità e responsabilità per il resto dei loro giorni. Lo stesso vale per l’integrazione, per costituire un cammino positivo per entrambe le parti, deve es- sere un impegno preso da tutte e due le parti e portato avanti con lucidità e responsabilità, ben coscienti della sacrosanta realtà che le due parti hanno ciascuna il diritto di esistere, di progredire e di essere se stesse. L’integrazione è il cammino di una vita delle per- sone e delle comunità. Una delle sue fasi è il mo- mento dell’impegno solenne, come il giorno delle nozze, in cui le due parti si rendono conto che non possono più vivere l’una senza l’altra e dove si è convinti che il bene di entrambi è condizionato dalla volontà di impegnarsi reciprocamente nel ri- spetto di ciascuno e nella complementarietà. Nel tabboulé chi decide le dosi è la persona che lo prepara. Chi decide come preparare il piatto è co- lei/colui che lava e taglia gli ingredienti, li mescola e li predispone nel piatto. Nell’integrazione una parte non può decidere per l’altra. È vero che politiche diverse e persone con concezioni diverse possono incidere e condizio- nare la preparazione e l’attuazione di questo per- corso, ma alla fine tocca alle persone diretta- mente coinvolte renderlo effettivo nella vita quoti- diana con gradualità e modalità proprie e diverse © Alex Sahyouni

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