Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

zia? Di borsch !». E si mette a ridere con una risata argentea, contagiosa. «In sessant’anni vissuti in Italia, mia mamma, ex ballerina del teatro Mari- jinskij, non ha mai imparato a fare le lasagne. Però faceva un borsch eccezionale!». L’anziana signora beve un sorso del suo tè nero. Poi mi dà una pacca delicata sulla mano e ag- giunge: «Non sia triste perché non ha dei ricordi “giusti”, cara. Consideri invece, quanti italiani possono dire, come noi due, di avere dei ricordi del tutto diversi. Siamo speciali, noi straniere e fi- glie di donne straniere. Abbiamo in memoria i sa- pori e i profumi di terre lontane che gli italiani non se li sognano neanche!», conclude con gli oc- chi luccicanti da monella. Guardo l’anziana signora di cui non so ancora il nome e le dico riconoscente: «Io sono Michaela. E la ringrazio di cuore». Lei mi fa un occhiolino e risponde: «E io mi chiamo Anoushka. E la ringrazio tanto per avermi fatto venire in mente il mio piatto d’infanzia. Quando si è anziani, a volte ci si scorda le cose più buone». Ci scambiamo i numeri di telefono e ci promet- tiamo di non perderci di vista. Magari potremmo prendere un altro tè insieme, un giorno. Torniamo all’ospedale. Nel frattempo ha smesso di piovere, il vento forte porta l’odore di bosco au- tunnale. Sa di castagne e di funghi porcini. Sor- rido. Affronterò con pacatezza anche il secondo esame. E la prossima domenica cucinerò una bella pentola di borsch . Michaela Sebokova DOSSIER MC LINGUA MADRE esame. Le rispondo tra due ore. «Allora venga, ab- biamo tutto il tempo per prendere un buon tè», dice con la voce che non accetta rifiuti. Scendiamo le scale, la signora apre il suo ombrello e ci para entrambe. Entriamo nel bar, ordiniamo il tè nero, il più forte che ci sia: niente aromi e sa- pori aggiunti. Mi faccio avvolgere da quel profumo familiare, la- scio che il tempo scorra e che le cose succedano. Poi, la sua domanda-non domanda rivoltami con tatto: «Le auguro che la cosa che l’ha fatta pian- gere vada per il meglio». Guardo il suo viso animato, i gentili occhi grigi. La pelle sembra di alabastro, è quasi trasparente. Per la risposta tiro fuori il libricino e mostro alla si- gnora la pagina con l’introduzione «Il profumo di lasagne…». Lei inforca gli occhiali e si mette a leggere. Dopo inclina la testa e dice: «Ed è questo che l’ha fatta piangere?». Arrossisco per la vergogna, la mia disperazione di poco fa ora mi appare ben esagerata. «Forse non le piacciono le lasagne?» mi sorride dolcemente. I ncoraggiata, le rispondo sinceramente: «È solo che all’improvviso mi sono di nuovo sentita tal- mente straniera! A me il profumo di lasagne non rievoca nessun ricordo d’infanzia, mia mamma la domenica preparava il brodo e il pollo fritto». La signora annuisce e dice pensierosa: «Io sono nata qui», fa un gesto vago con la mano, «ma ora che ci penso, sa di cosa profumava la mia infan- © ndrik Myneur / CC BY 2 0

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