Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

gostino, durante la quale il papa tenne un sermone commovente. Purtroppo però, quando il desiderio di purificazione è abbandonato solo alla pietà popolare, è inevitabile che si creino mostri e si dia inizio a un ir- rigidimento moralistico che porta anche i santi a com- mettere delitti in nome della purezza della religione. Chiuso il giubileo della redenzione, che avrebbe do- vuto imporre pensieri di misericordia e di perdono, sorse un movimento spontaneo assetato di «segni» visibili come armi per combattere il male che deve es- sere estirpato alla radice, senza più la logica della pa- rabola del grano e della zizzania che mette a fuoco la pazienza come intrinseca caratteristica di Dio (cf Mt 13,24-30). Per istigazione di san Bernardino prese vita e struttura «il rogo delle vanità» sulla piazza del Cam- pidoglio, dove non si esitò nemmeno a bruciare viva una certa Finicella, accusata di essere strega: «In quell’anno [1424] frate Bernardino (di Siena, ch’era un buon frate) fece ardere tavolieri, canti, brevi, sorti, capelli che fucavano le donne, et fu fatto uno talamo di legname in Campituoglio, et tutte que- ste cose ce foro appiccate, et fu a 21 di iuglio. Et dopo fu arsa Finicella strega, a di 8 del ditto mese di iuglio, perché essa diabolicamente occise de molte criature et affattucchiava di molte persone, et tutta Roma ce andò a vedere. Et fece frate Bernardino in Roma de molte paci, et de molti abbracciamenti; et benchè ce fusse stato homicidio… et fece fare altre opere buone, sicchè da tutti era tenuto per sant’uomo». (Istituto storico Italiano, Fonti per la sto- ria d’Italia , a cura di Oreste Tommasini, Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato , For- zani e C. tipografi del Senato, Roma 1890). Il papa mecenate Dopo Martino V, papa della potente famiglia Colonna, venne eletto il veneziano Eugenio IV (Gabriele Con- dulmer, 1383-1447) che fu costretto a fuggire a Fi- renze, perché scacciato dai romani aizzati dalla fami- glia Colonna. Dopo di lui salì al soglio pontificio Nic- colò V (Tommaso Perentucelli,1347-1455) che fu il vero primo papa mecenate, immerso, corpo e anima, nei nuovi tempi, diventando egli stesso non solo un protagonista, ma addirittura promotore di quell’uma- nesimo che Martino V di fatto detestava. Con il suo temperamento condiscendente e mai pungente, seppe guadagnarsi la stima e la simpatia di tutte le na- zioni europee che gli riconobbero un’autorità morale e politica che prima di lui nessun papa ebbe in così alto grado. Di fatto, il pontificato di Niccolò V risultò il collo d’im- buto del passaggio definitivo nel «nuovo mondo», chiudendo per sempre il Medio Evo ed entrando nel Rinascimento. Come ogni periodo di transizione, que- sto passaggio fu attraversato da una serie di problemi gravi e profondi come la corruzione, l’ipocrisia elevata a sistema di governo. Il clero ignorante e avaro, era inadatto alla propria missione, con una simonia dif- fusa in modo nauseante oltre ogni misura. Pullula- vano eresie in ogni dove, come espressione di libertà e occasione d’inganno; era anche un modo per affer- mare la propria indipendenza non solo dal clero, ma anche dal concetto stesso di società teocratica che si dissolveva di fronte all’ideale «homo novus» che tutti sentivano e percepivano sia psicologicamente sia cul- turalmente e chi ne pagava le spese inevitabili fu il senso religioso che apparve come ostacolo al nuovo perché rappresentativo del vecchio. Signori, le corti… Le alte gerarchie come i cardinali si circondavano di corti personali pullulanti di letterati, filosofi, pittori in cerca di protettori paganti, ma anche come portatori dello spirito del nuovo mondo che era già iniziato. Nel 1449 il papa emanò una bolla con cui indisse per il Na- tale dello stesso anno l’inizio del giubileo del 1450. Si mise in moto un vero cantiere in tutta Roma per ab- bellire palazzi, chiese e ristrutturare quartieri, dando impulso a un entusiasmo collettivo contagioso. L’af- flusso di pellegrini fu immenso, da ogni parte d’Eu- ropa e anche di fuori, convenivano a Roma pellegrini e ciascuno cantava e pregava nella propria lingua, dando l’impressione plastica di rivivere la Pentecoste narrata nel libro degli Atti al capitolo 2. Questa folla era ansiosa di partecipare all’apertura della porta santa di quello che fu definito «l’anno d’oro», anche perché in tutto il mondo cristiano Niccolò V era l’u- nico papa riconosciuto universalmente e non solo perché era rimasto senza più antipapi (l’ultimo fu Fe- lice V, morto nel 1449), ma perché la sua autorevo- lezza morale era di dominio pubblico. Poiché la folla era tanta da non potere essere gestita, il Papa concesse che la reliquia del Volto Santo della Veronica fosse esposta ogni domenica, le teste dei santi apostoli Pietro e Paolo, ogni sabato e, per per- mettere ai pellegrini di andarsene prima da Roma, perché veniva a mancare il pane, ridusse a soli tre giorni le visite alle chiese giubilari così che, lucrata l’indulgenza plenaria, molti potessero ripartire, avendo soddisfatte le esigenze del giubileo e allegge- rendo i problemi di Roma. Era inevitabile che nelle condizioni igieniche impossi- bili e senza controllo, scoppiasse la peste che fece molte vittime, anche tra i parenti del papa, il quale, terrorizzato, scappò da Roma per stabilirsi a Fabriano. Riferisce Vespasiano da Bisticci, un umanista e biblio- filo fiorentino, che «La corte di Roma è miseramente sparita e dispersa… Cardinali, vescovi, abati, monaci, ogni sesso, niuno eccettuato, tutti fuggono da Roma come Apostoli da nostro Signore durante la sua pas- sione» (Mezzadri, 94-95). Il successivo giubileo si celebrò nel 1475 perché il ve- neziano Pietro Barbo eletto papa col nome di Paolo II (1417-1471) portò la cadenza giubilare a venticinque anni, senza poterlo nemmeno inaugurare: a causa di una scorpacciata di meloni morì di apoplessia e il giu- bileo restò solo annunciato. Gli succedette il France- sco della Rovere, francescano dell’ordine dei Minori, che assunse il nome di Sisto IV (1414-1484) che deter- minò una svolta nella vita del papato e nella geografia della città di Roma, divenuta un cantiere a cielo aperto che ne trasformerà definitivamente la strut- tura e l’impianto. Paolo Farinella, prete (10, continua) 34 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2016 Misericordia voglio

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