Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

la mano sporca di petrolio dopo pochi secondi al sole. «Mettetevi un guanto». Obbediamo e sì, la mano si riscalda subito. Sono state 105 le relazioni degli esperti di ogni campo - chimici, biologi, naturalisti - che hanno di- mostrato il danno che i signori di Texaco hanno prodotto. Un danno che continua, anche se in appa- renza non si nota. «Qui non ab- biamo acqua potabile, né acqua trattata. Se manca la pioggia, la gente deve per forza ricorrere al- l’acqua sotterranea. Non c’è altra possibilità». Donald parla di razzi- smo: «È un razzismo completo di tutte le sue lettere: r-a-c-i-s-m-o - scandisce -. È una lotta tra chi ha denaro e chi no. Tra chi preferisce spendere milioni di dollari in pro- cessi piuttosto che in azioni di bo- nifica ambientale». Più di tutto può la necessità di la- vorare. «La gente sa. Molti però preferiscono non parlare perché prestano servizio nelle imprese petrolifere. Che pagano bene: un addetto può guadagnare 800-900 dollari al mese, una cifra impossi- bile da raggiungere se lavori nella finca . Ti pagano per lavorare. E per tacere. Se inizi a parlare, fanno presto a licenziarti». È arrivato il cancro Forse la piscina del pozzo Lago 8 è semplicemente un caso isolato. Una piscina che non è stata ripu- lita bene dalla Texaco. Una situa- zione particolare, ingigantita dagli esponenti di Udapt per giustificare i propri reclami. Risaliamo in auto per andare in un’altra zona, distante chilometri da qui. «Andiamo a trovare una famiglia che è stata vittima della Texaco», ci spiega Donald. En- triamo in foresta fino a raggiun- gere la casa su palafitte della fami- ECUADOR # A destra : l’abitazione su palafitte della famiglia Cabrera (in primo piano, fave di cacao poste a essiccare). | Sotto : Ilterio Cabrera mostra il libro in cui è raccon- tata anche la storia della sua famiglia, vittima dei comportamenti di Texaco. | Pagina accanto : i resti di un pozzo; un badile di terra e petrolio di una piscina abbandonata da Chevron-Texaco. glia Cabrera. Troviamo Ilterio Ca- brera seduto all’ombra della pala- fitta proprio mentre è intento a sfogliare un recente libro fotogra- fico sulle vittime della Texaco. Alla sua famiglia l’autore ha dedi- cato alcune pagine perché essa è stata duramente colpita dalle ope- razioni della multinazionale, che nella sua finca aveva costruito una piscina. Per una «strana coinci- denza» nella famiglia ci sono stati 3 morti per cancro: il fratello mi- nore nel 1999, la mamma nel 2004 e il papà nel 2006. «Anche i nostri vicini hanno avuto morti per tu- more» ci spiega l’uomo con un sorriso amaro. Ilterio Cabrera vive qui con la mo- glie Marlene e 3 dei 5 figli. «Quando non trovo lavoro, coltivo la terra: cacao e mais soprat- tutto». Un’esistenza sul filo perché la contaminazione continua an- cora oggi. Una guerra di resistenza Andiamo al pozzo chiamato Cha- rapa 1. A ricordarlo, oltre al car- tello con il nome, c’è un misura- tore di pressione e qualche tubo arrugginito. «Fu perforato da Texaco nel 1971. Per esso costruirono tre piscine. Una là e altre due da questa parte. Una di esse sta a 40 metri dalla casa della famiglia Cabrera». Ci muoviamo verso una di esse. È dif- ferente da quella del pozzo Lago 29, perché qui il petrolio è imme- diatamente visibile sotto le foglie sparse sul terreno. «Qui versavano - spiega Donald - il cosiddetto pe-

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