Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016
passionata arringa accusatoria. «La maggioranza della gente di qui sa ed è con noi. Tuttavia, anche se oggi il petrolio ha un prezzo miserabile, molti non pos- sono esporsi perché continuano a dipendere dalle compagnie petrolifere. Perché non hanno altra op- zione. A costoro spiego che io non sono contro il pe- trolio. Certamente sono convinto che il mondo debba passare a fonti di energia alternative rispetto a quelle fossili. Tuttavia, fino a quando ciò non sarà possibile, dobbiamo convivere con questo sistema. Io dico: più che il petrolio il problema è la forma, è come le cose si fanno, come si trattano l’ambiente, la vita, i popoli in- digeni, la cultura, la sovranità degli stati. Se le im- prese rispettassero tutto questo, la situazione sa- rebbe diversa. Purtroppo non è così». Impunità globalizzata «Stiamo cercando giustizia. Ricordando che oggi il mondo non è in mano ai governi, ma alle imprese transnazionali, che usano ogni mezzo - dalla corru- zione alle pressioni economiche e politiche - per im- porre il proprio volere. Questo significa che è molto difficile arrivare alla giustizia. Il sistema giuridico in- ternazionale è fatto per proteggere i capitali, gli inve- stitori, le multinazionali. La nostra non è una lotta sol- tanto contro Chevron, ma contro questa impunità globalizzata». Obiettiamo: una delle tante accuse che vi muove la compagnia è di agire soltanto per spillare soldi. «I 9.500 milioni di multa inflitti dalla corte ecua- doriana - sottolinea Pablo Fajardo - sono soldi per ri- parare i danni ambientali e non soldi - e qui voglio en- fatizzare il concetto - da ripartire tra le vittime». Chiediamo lumi sulla posizione del governo Correa, che in materia di economia petrolifera gioca in ma- niera quantomeno ambigua (come, ad esempio, nella vicenda dello sfruttamento nel Parque Yasuní). «Dal- l’inizio del processo, nel 1993 - ricorda Fajardo -, si sono succeduti otto presidenti della Repubblica, sette di questi hanno condiviso il tavolo con Chevron. Per questo la stessa compagnia chiese di trasferire il giu- dizio in Ecuador, perché sapeva di avere potere in loco. Nonostante le divergenze che personalmente ho con il presidente Correa, in questo caso il suo governo è stato il più serio, onesto e responsabile che abbiamo AGOSTO-SETTEMBRE 2016 MC 29 mai avuto. Davanti alle insistenze della Chevron di in- contrarsi con esso ha sempre risposto: non mi riuni- sco con voi senza la presenza della controparte. Alla compagnia questa posizione non è piaciuta e ha ini- ziato una politica molto aggressiva verso lo stato ecuadoriano». È una lotta senza esclusione di colpi. Il governo di Correa ha intrapreso una campagna chiamata La mano sucia de Chevron (La mano sporca di Chevron). A sua volta, la multinazionale petrolifera ha intentato vari giudizi internazionali contro l’Ecuador. «Ricordo però - precisa Pablo - che sono due cose distinte. Nel processo intentato da 30.000 persone contro Che- vron non c’è il governo ecuadoriano». La vittoria giudiziale ottenuta nel febbraio 2011 pare un evento lontanissimo. Che sta succedendo?, chie- diamo. «Succede che invece di eseguire la sentenza di condanna la Chevron cerca di convertire le vittime in criminali e l’impresa in vittima. E, per convincere il mondo di questo, investe milioni di dollari». In bicicletta Ricorsi, controricorsi, giudizi aperti in diversi paesi. La battaglia contro Chevron sembra infinita. In appa- renza senza vie d’uscita. Ma non per Pablo Fajardo, che pure ha ricevuto minacce di ogni sorta. «Ho speranza e ho fede. Credo in Dio, credo nell’unità della gente. Io dico sempre che i grandi cambi per l’u- manità non verranno dai leader globali, ma dalla forza derivante dall’unità di tutti. Il sistema di oggi è inadeguato, ma io continuo a credere nella giustizia. Continuo a pensare che sia possibile cambiare le cose». Pablo risale sulla sua bicicletta. «Cerco di essere coe- rente. Finché si può, meglio usare questa. Fa bene al corpo e all’ambiente», spiega. E, dopo un ultimo sa- luto, si allontana. PaoloMoiola # Pagina precedente : Pablo Fajardo, avvocato di Udapt, fotografato du- rante il nostro incontro e in sella alla sua bicicletta nel parco cittadino di Nueva Loja. | Qui sopra : il logo di Chevron e quello di Udapt. | In basso : il pozzo denominato «Lago1» che fu il primo a essere attivato da Texaco nel 1967. MC ARTICOLI
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