Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016
NAGORNO-KARABAKH La situazione religiosa Quando era una terra plurale Dopo la guerra degli anni Novanta, sono rimasti i cristiani armeni. U n tempo una terra plurale da un punto di vista etnico e religioso, il Nagorno-Karabakh ha vi- sto convivere islam, ebraismo e cristianesimo per secoli, fino alla guerra degli anni Novanta. Oggi della popolazione azera, in larga maggioranza musul- mana sciita, non resta quasi più traccia. Ad eccezione di una dozzina di persone, tutti gli altri sono fuggiti in quegli anni drammatici, quando essere diversi signifi- cava rischiare la vita. Pochissimi anche gli ebrei rima- sti, sempre a causa della guerra. Gli armeni fanno quasi per intero parte della Chiesa apostolica armena, assurta a religione di stato all’ini- zio del IV secolo grazie all’opera di San Gregorio l’illu- minatore, ma non mancano minoranze cattoliche e protestanti. La religione qui era rimasta a lungo igno- rata in epoca sovietica. Alla caduta dell’Urss in Na- gorno-Karabakh vi era pertanto una quasi totale mancanza di luoghi di culto per i cristiani. Riemersa come un tratto distintivo dell’identità armena, la chiesa ha però iniziato subito ad attrarre un largo nu- mero di fedeli. A mancare era proprio lo spazio fisico. Nei primi anni della guerra, in mancanza di una chiesa, la gente pre- gava nel teatro cittadino a Stepanakert. Ma anche questo spazio non bastava, ed ecco arrivare - come raccontano i locali - gli appelli dei sacerdoti per la- sciare a casa i più piccoli. Ancora oggi, il numero delle chiese è spesso insufficiente. Restano poi ancora, a Shushi, due splendide moschee in stile ottomano e una scuola coranica, la madrasa, a ricordarci che qui un tempo non c’era soltanto il cri- stianesimo armeno. Ma anche e soprattutto, che la pace è possibile. Si.Za. # Sotto: un sacerdote raggiunge Talish per la messa domenicale. Pa- gina seguente, dall’alto in basso : la croce cristiana è un tatuaggio molto diffuso tra i militari armeni; una piccola cappella per pregare, a poche centinaia di metri dal nemico; un’anziana signora indica i fi- gli caduti nel conflitto in una stanza del museo della Guerra di libera- zione, a Stepanakert; una «cluster bomb» di fabbricazione israeliana, in teoria vietata dai trattati internazionali.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=