Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2016

AGOSTO-SETTEMBRE 2016 MC 17 mana, da tantissimi anni. Il ces- sate il fuoco raggiunto nel maggio del 1994 ha prodotto uno stallo diplomatico a cui non è seguito alcun accordo di pace. Ogni inizia- tiva diplomatica è naufragata, e così - nonostante periodi di calma apparente - non si è mai finito di morire. Per gli armeni, che la guerra l’hanno vinta conquistando per intero il territorio, questa terra è loro, tant’è vero che l’hanno pro- clamata repubblica indipendente, pur senza riuscire a giungere ad alcun riconoscimento internazio- nale. Il Karabakh si è provvisto di un presidente, un parlamento e istituzioni, ed elegge con vota- zioni democratiche i suoi rappre- sentanti. Per gli azeri, invece, che non si sono rassegnati alla scon- fitta, questa terra non può essere che loro, e puntano a riavere in- dietro tutto il territorio conteso. Benvenuti a Stepanakert Ma come si presenta il Nagorno- Karabakh, e come ci si arriva? Si tratta di una regione quasi inac- cessibile, senza alcun aeroporto attivo, che si raggiunge solo via terra attraverso un’unica, tortuo- sissima strada, che parte dall’Ar- menia. Tutte le altre vie e fron- tiere sono chiuse e inaccessibili. Giunti al confine di questo stato che non c’è, per entrare alla fine basta un visto - curiosamente # Sopra: momento di preghiera di un bam- bino in mimetica a Stepanakert, in occa- sione dei funerali di alcuni militari uccisi lungo la frontiera con l’Azerbaigian. Pagina precedente : mappa del Nagorno-Karabakh secondo i confini fissati nel 1994. scritto a mano - rilasciato a una piccola dogana, ma anche presso un ufficio di rappresentanza a Ye- revan. Dopo circa sei ore di viaggio dalla capitale armena, in macchina o in autobus, si arriva a Stepanakert, il centro maggiore della regione. Si tratta di una cittadina di oltre 50.000 abitanti che, a differenza di tutti gli altri centri urbani del Karabakh, si trova in un ottimo stato. Qui hanno sede il parla- mento e le varie istituzioni del- l’autoproclamata repubblica, ma anche molti negozi, ottimi risto- ranti, e persino un pub dove si può assaggiare una birra prodotta in loco. Nonostante la tensione resti alta, si è persino riusciti a sviluppare, pur senza toccare grandi numeri, il settore turistico. Vi si trovano così diversi ottimi al- berghi, e persino un piccolo uffi- cio turistico nel centro di Stepa- nakert. Ma onnipresente è la guerra, al- meno nel pensiero. Qui tutti hanno combattuto, tutti hanno parenti o amici che hanno perso la vita. Sotto l’apparenza di nor- malità, scorrono vene profonde di dolore, per quanto non subito percettibili. Eppure, in superficie, l’atmosfera di provincia è quella che si respira in ogni altra parte del mondo. In piazza della Repub- blica, che costituisce il cuore di questa cittadina, fra una mac- china e l’altra si può sentire il fri- nire dei grilli anche in pieno giorno. Gli sforzi per tirare a lu- cido la città - anch’essa distrutta dalla guerra - sono stati notevoli, e il risultato è tutt’altro che sgra- devole. Benvenuti a Shushi Ben diverso il caso di Shushi (chiamata Şuşa in lingua azera). Nonostante gli sforzi del governo, la cittadina non si è più ripresa dal conflitto. Benché sia solo a pochi chilometri da Stepanakert, i prezzi delle case sono molto più bassi. Facile capire il perché: molti gli edifici abbandonati, e ancor più numerosi quelli che portano segni di proiettili o esplo- sioni. Tutto qui odora di macerie. Le nuove costruzioni, molto cu- rate - un ufficio del turismo, il mercato coperto e un albergo di proprietà di un armeno libanese - non fanno che mettere in risalto ancor più la desolazione circo- stante, in contrasto stridente. Qui i bambini giocano alla guerra fra gli edifici sventrati dalle bombe, mentre gli adulti - in molti casi profughi che hanno lasciato l’A- zerbaigian negli anni Novanta - trasudano disperazione. Tanti anche i monumenti che rac- contano il passato multietnico della città, ormai perduto, e la storia di questo conflitto: due moschee e una scuola coranica,

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