Missioni Consolata - Luglio 2016

CONGO RD 60 MC LUGLIO 2016 Il presidente Kabila tenta di mantenersi al potere Per seguire le orme di Mobutu S i preannuncia un autunno caldo per la Repub- blica democratica del Congo. Il secondo, e ul- timo, secondo la Costituzione congolese, man- dato del presidente Joseph Kabila termina quest’anno, ma la situazione politica in atto sembra ricalcare tri- stemente un copione comune a tanti stati africani: il tentativo del presidente in carica di estendere il pro- prio mandato, cambiando la Costituzione o rinviando le elezioni a data da destinarsi. Joseph Kabila ha preso in mano le redini del Congo nel 2001, subito dopo l’as- sassinio del padre, Laurent-Désiré, il leader guerri- gliero d’ispirazione marxista (negli anni Sessanta rice- vette anche l’aiuto di Che Guevara, che però, nei sui scritti, ne lascia un ricordo poco lusinghiero 1 ) che, nel 1997, mise fine al governo trentennale di Mobutu Sese Seko per poi replicarne gli aspetti più autoritari, in- cluso il culto della personalità. Secondo le teorie più accreditate, dietro l’assassinio di Kabila padre, orga- nizzato da uomini d’affari libanesi e portato a termine da una delle sue guardie del corpo, ci sarebbe stato il Rwanda, piccola ma aggressiva potenza regionale e precedente sponsor della scalata al potere dello stesso Désiré Kabila. I l figlio ereditò un paese impelagato in una guerra sanguinosa, la cosidetta «seconda guerra del Congo», o anche «guerra mondiale africana», che almeno nove stati e diverse decine di gruppi guerri- glieri contribuirono a rendere il conflitto il più sangui- noso dalla fine della Seconda guerra mondiale, fa- cendo oltre cinque milioni di morti. A capo del go- verno di transizione Joseph negoziò la ritirata, perlo- meno ufficiale, delle truppe ruandesi di Paul Kagame dalle regioni dell’Est e fece incetta di voti alle elezioni del 2006, la prima consultazione elettorale nel paese in 41 anni. Replicò il successo nel 2011, nonostante le numerose accuse di brogli da parte sia di oppositori interni che di osservatori internazionali, e puntellò il suo governo comprando la fedeltà delle élite locali gra- zie al boom delle esportazioni di materie prime. Ma la fame di minerali della Cina ha rimpinguato i conti per- sonali, più che le casse dello stato, e i risultati sono evi- denti a Kinshasa. A lleato chiave di Joseph Kabila, in questo pe- riodo di crescita tumultuosa, è stato Moïse Ka- tumbi Chapwe, uomo d’affari nel settore mine- rario e soprattutto a lungo governatore del Katanga, la regione più ricca del paese grazie alle abbondanti ri- serve di rame e uranio. Figlio di un ebreo greco e di una congolese, e proprietario del TP Mazembe , la prin- cipale squadra di calcio congolese e una delle più pre- miate d’Africa, questo politico e imprenditore ha abil- mente usato i proventi delle concessioni minerarie per dotare il Katanga di infrastrutture inesistenti nel re- sto del Congo, e così costruire il proprio consenso tra la popolazione e conquistarsi le simpatie delle compa- gnie straniere nella zona. Il rallentamento della domanda cinese e la flessione nel prezzo delle materie prime, però, ha coinciso con la fine dell’alleanza tra Kabila e Katumbi. Il primo ha fatto capire sempre più chiaramente di non avere al- cuna intenzione di lasciare il suo posto, tagliando i fondi alla commissione elettorale, e così rendendo ine- vitabile che la Corte suprema giudicasse irrealistica la prospettiva di andare alle urne a novembre 2016, come precedentemente stabilito, e inasprendo la re- pressione dell’opposizione. Il secondo è ufficialmente entrato nell’agone politico nazionale a marzo, assur- gendo immediatamente a leader inconstrastato del- l’opposizione e perciò finendo nel mirino del presi- dente. La risposta di Kabila non si è fatta attendere: a maggio, Katumbi è stato accusato di aver assunto dei mercenari per organizzare un colpo di stato. Pochi giorni dopo, Katumbi è stato ricoverato in un ospedale di Lumunbashi, la capitale del Katanga, e da lì è fug- gito in Sudafrica. L’ultimo colpo di scena in una saga che si annuncia lunga e complessa. Gianluca Iazzolino 1. «L’anno in cui non siamo stati da nessuna parte. Il dia- rio di Ernesto “Che” Guevara in Africa», P. I. Taibo II, F. Escobar, F. Guerra, Il ponte delle Grazie, 1994. sulle infrastrutture urbane. Ma per la maggior parte delle orga- nizzazioni internazionali Kinshasa è solo una base d’appoggio per le operazioni nell’Est del paese, dove la guerra civile continua ad uccidere. I maggiori partner economici della Repubblica democratica del Congo, la Cina su tutti, hanno ri- messo in sesto le principali strade della capitale in cambio di con- cessioni minerarie, ma riman- gono ampie zone d’ombra anche a pochi chilometri dal palazzo in cui il presidente Joseph Kabila go- verna dal 2001, e dal quale sem- bra di non volersene andare ( vedi Box ). Assenti all’interno delle baracco- poli, le forze di sicurezza ne con- trollano però l’accesso. «Gli stra- nieri potrebbero dare un’imma- gine negativa del paese», ci dice Un grande immondezzaio Un tempo la chiamavano Kin la Belle ; oggi, per i kinois , è Kin la Poubelle , ovvero l’immondizia in francese, per l’enorme quantità di rifiuti prodotti e l’incapacità del governo di gestirli. L’Unione europea, l’agenzia sta- tunitense per la cooperazione Usaid e alcune altre, soprattutto francese e giapponese, hanno av- viato dei programmi d’intervento

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