Missioni Consolata - Luglio 2016

LUGLIO 2016 MC 59 • Bidonville | Disuguaglianze | Urbanizzazione | Megalopoli • MC ARTICOLI # In alto a sinistra: Pakadjuma, quartiere lungo la ferrovia per Matadi. # Sopra : un uomo ripulisce un canale nel quartiere Kangabwe, lungo il fiume. # Qui a fianco : prostituta nel quartiere Pakadjuma. medie dimensioni, digerendola nel suo tessuto urbano che pulsa al momento di oltre 12 milioni di anime. Nell’annuale rapporto The State of African Cities , Kinshasa è entrata proprio quest’anno nella terna delle megacittà africane, dopo il Cairo (Egitto) e Lagos (Nigeria), al di sopra della media di un conti- nente che pure rappresenta la re- gione al mondo col maggior tasso di urbanizzazione. Secondo le pre- visioni, entro il 2035 la metà della popolazione africana vivrà in aree urbane. Eppure, ancora oggi, nelle città africane due abitanti su tre vivono in baraccopoli. Una situa- zione a cui l’agenda d’azione re- datta nella conferenza di Addis Abeba per i finanziamenti allo svi- luppo del 2015 dedica ampio spa- zio: un boom demografico troppo rapido può avere effetti deva- stanti su spazi urbani particolar- mente fragili, soprattutto sulle in- frastrutture idriche e i servizi di gestione dei rifiuti, aumentando il rischio di epidemie. Nel 2012, WaterAid , una Ong bri- tannica che si occupa di progetti sull’acqua, ha avviato un pro- gramma per studiare soluzioni so- stenibili per le infrastrutture idri- che di Maputo, in Mozambico, Lusaka, in Zambia, Lagos, in Nige- ria, e, per l’appunto, Kinshasa. Se- condo John Garrett, analista di WaterAid che si occupa dell’ini- ziativa, il caso di Kinshasa è parti- colarmente drammatico. «La città manca di una rete fognaria pub- blica e solo i quartieri benestanti dispongono di fosse settiche», dice. «In alcune zone esistono la- trine comuni di cui si occupa la Ratpk, la società pubblica che ge- stisce la distribuzione idrica, al- cune Ong e operatori privati. Ma la massa di rifiuti organici pro- dotti quotidianamente è tal- mente elevata che la maggior parte viene dispersa nell’am- biente». hanno avuto l’autorizzazione per costruire nel cimitero. Ma con nuovi arrivi ogni giorno, il valore dello spazio del cimitero continua a salire e i likasu non sono mai abbastanza. Delle case vengono demolite, altre vengono erette, mentre nuove tombe si aggiun- gono alle precedenti. Il cimitero di Kinsuka è lo spec- chio di una città in cui la crescita vertiginosa di popolazione tra- volge anche i muri tra i vivi e i morti. Inurbamento selvaggio I nuovi kinois , come sono chia- mati gli abitanti di Kinshasa, arri- vano dalle province orientali lace- rate da una miriade di guerriglie, dalle province centrali, dove le miniere traboccanti di diamanti sono ormai solo un ricordo, dal Nord, dove il recente conflitto nella Repubblica Centrafricana ha costretto alla fuga i profughi di guerre precedenti. Dal Kivu, dal Kasai, dall’Equateur: in migliaia, ogni settimana, discendono la corrente del fiume Congo viag- giando per giorni su barconi che assomigliano a villaggi galleg- gianti, finché il corso d’acqua si allarga in un’ansa e, sulla riva me- ridionale, appaiono, velati da un sipario di vapore acqueo, gli svet- tanti edifici di Gombe, il distretto degli affari che nell’era coloniale era interdetto ai nativi. Secondo le stime di Un-Habitat , l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo urbano so- stenibile, 390mila persone, ogni anno, si riversano a Kinshasa, per sfuggire alla guerra o alla po- vertà, ma anche per studiare o in- seguire una speranza. È come se, ogni anno, la capitale congolese fagocitasse una città di

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