Missioni Consolata - Luglio 2016
questa concezione di democrazia se ne sostituisca una basata non più sul primato dei diritti, ma sul primato della politica (meglio, della maggioranza politica del mo- mento), per di più con un’inedita concentrazione di po- teri. Mentre, se è vero che in democrazia la sovranità appartiene al popolo (per cui chi ha più consensi ha il di- ritto-dovere di operare le scelte politiche che vuole), è altrettanto vero che ogni potere democratico incontra - non può non incontrare - dei limiti prestabiliti. Tali limiti presidiano una sfera non decidibile, quella della dignità e dei diritti di tutti: sottratta al potere della maggioranza e tutelata da custodi (una stampa libera e una magistra- tura indipendente) estranei al processo elettorale ma non alla democrazia. Se invece la maggioranza, forte del fatto di aver avuto più consensi, si prende tutto e non la- scia spazi effettivi alle minoranze, allora l’alternanza - che è il Dna della democrazia - viene ridotta a simulacro e la democrazia cambia qualità. L’effettività di tali spazi dipende in particolare dal controllo sociale, che presup- pone un’informazione pluralista. E dal controllo di lega- lità, che presuppone una magistratura autonoma ed in- dipendente. Dunque, la domanda di fondo è questa: quale tipo di de- mocrazia conviene di più? La prima o la seconda? Ed ecco perché anche i magistrati hanno pieno titolo (come ogni altro cittadino, se non più) per occuparsi di Riforma della Costituzione. Partecipando al dibattito nelle forme più opportune. Per concludere, ricordiamo - parafrasandolo - un celebre passaggio di Piero Calamandrei: Sotto questa Costitu- zione (la Costituzione del ‘48, ndr ) ci sono tre firme che sono un simbolo, De Nicola, Terracini, De Gasperi. Tre nomi, tre idee, tre concezioni che costituiscono le cor- renti più importanti del nostro paese. Cosa vuol dire? Vuol dire che intorno a questo Statuto si è formato il consenso dell’intero popolo italiano, di tutti. Questo è il valore della nostra Costituzione. Non è l’imposizione di qualcuno sugli altri a colpi di maggioranza. È il consenso dell’intero popolo italiano che si è formato intorno a questo documento. Il consenso di tutti. Gian Carlo Caselli La vulgata di un bel tempo antico in cui i magistrati erano apolitici è dunque una favola. Utile per delegitti- mare i cambiamenti intervenuti successivamente, quando gran parte della magistratura cominciò una lunga marcia verso una reale indipendenza, sostitutiva della tradizionale falsa neutralità. Cambiamenti che in- nescarono un processo che è un po’ come la storia di quando le donne portavano il velo. A quel tempo le donne erano tutte belle, ma quando il velo cadde si co- minciarono a constatare delle differenze. Più o meno la stessa cosa è successa per la magistratura. Quando i giu- dici non davano «fastidio», quando cioè non erano sco- modi, per il potere erano tutti bravi e belli. Ma quando hanno cominciato ad assumere un ruolo preciso, a dare segni di vitalità, a pretendere di esercitare il controllo di legalità anche verso obiettivi prima impensati, ecco che è cominciata l’accusa di politicizzazione (intrecciata con quella di protagonismo). I magistrati e la Costituzione: in silenzio no Da ultimo, la polemica fra politica e magistratura ha as- sunto toni vieppiù incandescenti in vista del referendum sulla riforma della Costituzione (previsto per ottobre 2016, ndr ). Si sostiene che i magistrati non dovrebbero occuparsene. Assurdo. Le ripercussioni della riforma sul settore giustizia potrebbero essere importanti (ad esem- pio sulle modalità di elezione di componenti della Corte costituzionale e del Csm). E in un paese in cui tutti par- lano di giustizia - e spesso con toni da bar - sarebbe ben strano se gli unici a doversene astenere fossero i magi- strati. Come se i medici non potessero parlare di sanità o i giornalisti di informazione. In ogni caso non si tratta di una questione di schieramenti politici cui i magistrati dovrebbero restare estranei. Si tratta, invece, di una questione istituzionale decisiva per la democrazia, che interpella tutti. Proprio tutti. Il vero problema è infatti la qualità della democrazia. La Costituzione repubblicana vigente disegna una demo- crazia basata sul primato dei diritti e sulla separazione dei poteri, senza supremazia dell’uno sugli altri, ma con reciproci bilanciamenti e controlli. C’è il rischio che a # A sinistra : Enrico De Nicola, primo presidente della Re- pubblica italiana, firma la Costituzione il 27 dicembre 1947. A lato - primo a sini- stra nella foto - c’è Alcide De Gasperi, allora presi- dente del Consiglio. foto di pubblico dominio Legalità e Giustizia 34 MC LUGLIO 2016
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