Missioni Consolata - Luglio 2016
30 MC LUGLIO 2016 Misericordia voglio nandola con due corone regali, simbolo del potere spirituale e terreno, ambedue nelle mani del succes- sore di Pietro per volontà divina. Clemente V, da parte sua, aggiunse le due infule posteriori, cioè le due strisce di stoffa pregiata poste dietro la nuca, cadenti dalla tiara sulle spalle, con l’effetto plastico di trasformare il papa in un faraone fuori tempo massimo. Dal 1348 al 1353 in Europa imperversò la peste, do- vuta al trasferimento della pulce da topo a uomo ( Yersinia pistis ), che fece in tutto il mondo 100 mi- lioni di morti su un totale di 450. L’Europa si spopolò passando da un totale di 70 milioni di abitanti a 45 (ne morirono il 35,71%). Una delegazione romana, guidata da due delle più importanti famiglie, Co- lonna e Orsini, si recò ad Avignone per consegnare al papa l’omaggio della città eterna e le insegne citta- dine. Nel comitato era presente anche un giovane romano, Cola di Rienzo, che fece impressione al pontefice per il modo formale di trattare, da vero di- plomatico, ma anche per i contenuti e le ragioni ad- dotte a favore di Roma. Tra le richieste al papa vi era anche l’indizione di un Giubileo per il 1350. Clemente VI, che prese tutte le precauzioni del caso riguardo alla peste, si guardò bene dal mettersi in viaggio per ritornare a Roma, ma benevolmente concesse il Giubileo con la bolla «Unigenitus Dei Filius», accompagnandola con una lettera in cui spiegava perché avesse deciso di accor- ciare l’intervallo tra un giubileo e il successivo, por- tandone la scadenza da 100 anni a 50 e dilungandosi nella spiegazione del significato delle indulgenze, nel tentativo di giustificarle dal punto di vista teologico. Nasce la devozione del Volto Santo della Veronica Il 2° giubileo della Chiesa, svoltosi nel 1350, non fu inaugurato dal papa, ma da un suo delegato che non attraversò porte sante, ma impose di aprire, nel giorno stabilito, le porte delle chiese di Roma. Di- cono le cronache dell’epoca che tra il popolo e i vari quartieri girassero «bolle papali false» per accredi- tare questa o quella chiesa, come Santa Maria Mag- giore o San Lorenzo fuori le mura, che non erano nel circuito delle chiese giubilari. Nel 1349, quasi come un presagio nefasto sulla Chiesa, Roma fu colpita da un terremoto che però non impedì un afflusso di pellegrini tale da far dire a un testimone, il giullare Duccio (Jacobuccio da Ranallo), che vi era ressa «sanza romori o zuffe», quindi devota e ordinata. Come in ogni evento di massa, anche in occasione del giubileo, si mise in moto l’astuzia truffaldina dei romani che ne approfittarono spennando i pellegrini incauti, cui vendevano posti per dormire che ave- vano già venduto ad altri e gonfiavano i prezzi. Vi furono pure tentativi di speculazione, anche simo- niaca (vendere cose spirituali, sacramenti o assolu- zioni in cambio di denaro), tanto che il papa arrivò a fare «assoluto divieto di esigere, chiedere o ricevere, per sé o per un altro, a motivo della confessione, del- l’assoluzione o di qualsiasi altro officio, del denaro, anche se offerto spontaneamente, o sotto forma di elemosina o in qualsiasi altro modo» (Mezzadri, 52). Logicamente vi furono contrasti e resistenze che por- tarono a una dura repressione, con la revoca delle nomine anche a personaggi di rilievo e in alcuni casi arrivando all’arresto. Lo stesso capitolo dei canonici di San Pietro che avevano bisogno di denaro per ripa- rare i danni del terremoto, si opposero al papa fino al punto di assaltare fisicamente «l’altarario» (tesoriere delle offerte lasciate all’altare dai fedeli) della Basi- lica, Giovanni Castellani, ferendolo gravemente. Da quel momento, per impedire altri episodi di questo genere, il papa emanò un decreto con cui riformò mi- nuziosamente tutta la pratica delle offerte lasciate dai pellegrini e dai fedeli. Durante giubileo del 1350 iniziò una «tradizione giu- bilare» che proseguì con enorme successo nei giubi- lei successivi: l’esposizione del sudario del Santo Volto della Veronica, con l’effige del Signore durante la via crucis. Questa esposizione diventò quasi un «si- gillo» giubilare, perché invitò i pellegrini a rispec- chiarsi nel volto sofferente di Cristo (cf Dante, Par. 31,108), come magistralmente illustrò Petrarca nel celebre sonetto sedicesimo del Canzoniere dal titolo «Movesi il vecchierel canuto et bianco», dedicato al pellegrino tipo che «viene a Roma, seguendo ‘l desio, / per mirar la sembianza di Colui / ch’ancor lassù nel ciel vedere spera». Una testimone d’eccezione di questo giubileo fu Brigida di Svezia (canonizzata nel 1391, ndr ) che giunse a Roma nel 1349 con un nume- roso seguito, ricevendo un’immagine negativa della città, e in modo particolare del clero romano. Ella fondò una congregazione religiosa, detta delle Brigi- dine, con l’obbiettivo di accogliere e dare ospitalità ai pellegrini svedesi giunti a Roma. Come in ogni evento importante, anche in questo giubileo si crearono le condizioni per fare «figli e fi- gliastri», e, infatti, il papa concesse a sovrani, politici e ordini religiosi il privilegio di lucrare le indulgenze senza doversi mettere in viaggio per Roma, e quindi senza fatica e, cosa più importante, senza rischi di viaggi pericolosi nelle condizioni del tempo. Per taci- tare le proteste contrarie, il papa escogitò il sistema dell’indulgenza «ex post»: coloro che non avevano potuto partecipare al pellegrinaggio, potevano averla «a posteriori» con gli stessi effetti di quella ri- cevuta nella città di Pietro. Il ritorno del Papa a Roma con papi e antipapi Tra il 2° e il 3° giubileo, avvenne un fatto determi- nante per la vita della Chiesa, dietro impulso non solo della popolazione romana, ma particolarmente di Caterina da Siena. Il 13 settembre 1376 papa Gre- gorio XI attraversò il ponte sul Rodano per tornare a Roma ponendo fine definitivamente alla «cattività avignonese». Da Marsiglia fece scalo a Genova, dove per poco non si pentì, tentato e istigato dai cardinali del sacro collegio che non avevano alcuna inten- zione di tornare a Roma, anche a causa delle notizie di disordini che giungevano da quella città e della notizia della sconfitta delle truppe pontificie da parte dei fiorentini. Caterina seppe convincere il papa, rassicurandolo che ritornare nelle sede di Pie- tro fosse la volontà di Dio che lo avrebbe assistito con certezza e preservato da ogni pericolo. Alla morte di Gregorio XI, il conclave del 27 marzo del 1378 fu assediato dal popolo romano che gridava: «Romano lo volemo, o almanco italiano». Il collegio
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